“Non muovetevi, non gettate nulla in acqua. State tranquilli”. Ore 22:14, l’ordine del comandante della polizia provinciale è perentorio e blocca i due bracconieri rumeni sorpresi sul piccolo gommone nel labirinto di canali delle valli di Ostellato, a metà strada fra Ferrara e l’Adriatico. La notte è fredda e umida, il faro sulla barca delle forze dell’ordine taglia il buio, illumina i pescatori di frodo e le loro reti. La tensione è tangibile ed è salita vertiginosamente nelle ultime settimane dopo le ripetute minacce di morte da parte delle gang dell’Est ad agenti e ispettori, come conferma lo stesso comandante, Claudio Castagnoli, che ha guidato l’altra notte la perlustrazione in valle. In cintura, una Beretta calibro 9 che racconta molto.

“Questa volta li abbiamo presi, sequestriamo l’imbarcazione e reti, contestiamo loro la contravvenzione ma sappiamo già come andrà a finire”: più di 85 mila euro di sanzioni sono state disposte dalla polizia provinciale, solo 7 mila euro sono stati pagati. E il rumeno più vecchio dei due, 38 anni, già l’altra sera ha lasciato intendere come finiranno i 4mila 320 euro di contravvenzione: con gesto di sfida e sguardo irridente ha accartocciato il bollettino di pagamento prima di infilarlo in tasca, dov’è rimasto solo un attimo. Sono trascorse un paio d’ore molto movimentate, in uno scenario naturale magnifico.

Li chiamano in vari modi: i predatori del grande fiume, predoni dell’Est, vampiri del Po perché si muovono solo di notte. Si stima siano ormai più di duecento, divisi in una quindicina di bande coordinate tra loro, continuano ad aumentare e a conquistare fiumi e canali. Vengono dalla zona di Tulcea, in Romania, depredavano il delta del Danubio prima di venire perseguiti in patria proprio per i loro metodi fuorilegge, invasivi e crudeli. Sono arrivati in Italia, nel Rodigino, quattro anni fa e ora scorazzano lungo i corsi d’acqua del Nord-Est italiano, quattromila chilometri solo nel Ferrarese: usano piccole bombe, macchinette elettriche rudimentali chiamate storditori o diserbanti per tramortire il pesce e catturarlo con reti che non lasciano scampo, lunghe anche quattro chilometri, acquistate in Grecia o in Turchia dove costano meno. Razziano pesci siluro, molto apprezzati in Romania malgrado la forte concentrazione di mercurio nelle carni, ma anche carpe, lucci e altre specie: insomma, tutto quel che trovano. Uno studio dell’università di Ferrara ha stimato il depauperamento del patrimonio ittico già superiore al 30 per cento e la situazione continua a peggiorare. “Avremmo bisogno di leggi più severe che permettano sequestri e confische nei confronti di chi viene sorpreso a pescare con il buio” osserva Castagnoli, comandante di un manipolo di uomini che lavorano giorno e notte con passione e cominciano a temere per la loro incolumità. E aggiunge: “Servono più mezzi e più uomini”. Forse anche un commissario unico che coordini l’attività di repressione.

La tecnica dei predoni è flessibile, efficiente, remunerativa: ogni squadra è composta di almeno quattro persone e due unità, la prima in barca ha il compito di catturare il pesce e l’altra, in auto, lo sfiletta e lo “congela” in modo del tutto sommario, in uno stato igienico immaginabile. Già la mattina dopo il “bottino” finisce in Romania ma pure sui banconi di alcuni centri veneti, bolognesi e milanesi. Le squadre in azione sono molte, il guadagno minimo ipotizzato per ciascun gruppo è attorno ai tremila euro al giorno, un milioncino l’anno, forse più. Cinque squadre valgono 5 milioni di incassi, 30 squadre molto di più. Di fronte a un’organizzazione del genere le forze in campo per contrastarla sono del tutto inadeguate, nonostante gli sforzi straordinari dei protagonisti: una decina gli agenti provinciali effettivi, ai quali si affianca un gruppo di volontari che si sono ribellati all’infiltrazione dell’Est. Proprio le guardie volontarie, le “vedette” nascoste sugli argini, hanno segnalato l’altra sera la presenza di auto sospette: una di queste aveva scaricato uomini e gommone. È scattato l’allarme, tra WhatsApp e sms silenziosi, una pattuglia di agenti in auto sugli argini e l’altra in barca tra i canneti di valle hanno azzeccato un’operazione concentrica che ha permesso di intercettare il gommone dei rumeni, traditi dalla luce della luna e dall’istinto di un ispettore provinciale, Fabio Piva. “Eccoli” sussurra, prima di sparare il fascio di luce contro di loro dalla barca che scivolava sull’acqua col motore al minimo. Per far meno rumore. “Sono due manovali della banda, ormai bruciati” commenta Castagnoli: “Quando saranno a casa del loro boss verranno puniti e, probabilmente, rispediti in Romania”. Fingono di non capire, non parlano, si muovono poco, fumano molto. Povera gente, pericolosa e temibile, discesa nel delta del Po per fame e per denaro, in cerca dell’occasione della vita.