Gentile signor De Carlo,
nei giorni scorsi Ben Bernanke ha fatto un discorso
che, pur non avendo avuto molta risonanza sui media italiani, è stato considerato la causa delle perdite notevoli successivamente segnate dalle Borse internazionali.

Se non sbaglio ha detto che, se l’economia USA continua a
crescere e si concretizzerà la previsione di un tasso di disoccupazione 2013/2014 in calo, la Fed ridurrà, già entro l’anno, il piano di allentamento quantitativo ( che penso sia la traduzione di quantitative easing ) pari a 85 miliardi di dollari al mese aumentando contemporaneamente i tassi di interesse
sui prestiti.
Ovvero la Banca Centrale smetterà di stampare dollari a palate per contenere gli effetti della crisi ? Quali potrebbero essere gli effetti su America e Europa di una frenata così improvvisa e imprevista ? Sarà a causa di queste intenzioni che
Obama ha ipotizzato di non rinnovargli il mandato che scade a gennaio 2014?

Lei, che ha senz’altro letto il discorso completo del capo della Fed, si sarà fatto un’opinione delle possibili conseguenze di un cambiamento così sostanziale e del significato di un annuncio di tale importanza, pensa che nei prossimi sei
mesi che mancano alla scadenza del suo incarico Bernanke attuerà davvero un cambio di rotta radicale e, inoltre, potrebbe farlo senza tener conto dell’eventuale contrarietà del presidente Obama?
Cordiali saluti
Luisella Rech

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Cara Signora, che Obama sia d’accordo o no, conta poco. Nulla negli States è più indipendente della Federal Reserve. E’ il governo a dover tener conto delle decisioni della sua Banca Centrale più di quanto questa non tenga conto di quelle del governo. E per fortuna.
Se così non fosse, se cioè fosse vero il contrario, gli Stati Uniti non avrebbero avuto alcuna ripresa economica. E’ stata la strategia del Quantitative Easing a dare all’economia i crediti di cui aveva bisogno dopo il collasso finanziario dell’autunno 2008.
In altre parole è stato Bernanke, presidente della Fed, e non Obama ad avere arginato la crisi e ad aver posto le premesse della ripresa. Ripresa che sarebbe stata più poderoso se Obama non avesse sperperato mille miliardi di dollari in stimoli che riflettevano obsolete convinzioni keynesiane e se il varo di una riforma sanitaria, tanto confusa quanto incompleta non avesse fatto rincarare di un 40 per cento i costi già altissimi della sanità americana.

Insomma è a Bernanke e non a Obama che gli americani debbono essere grati se gli Stati Uniti non hanno fatto la fine dell’Europa.
E l’Europa dal canto suo avrebbe dovuto scartare le prevenzioni ottuse della signora Merkel e copiare la ricetta. Una ricetta semplice e logica: in mezzo a una recessione e in presenza di un’inflazione bassissima, la sola strategia efficace è immettere grande liquidità sul mercato.
Una volta che l’economia si sarà ripresa e la disoccupazione avrà cominciato a recedere, sarà possibile anzi necessario invertire la rotta.

E’ appunto quello che Bernanke ha annunciato. I mercati si sono depressi, non perché non se lo aspettassero ma nel timore che l’ipervalutazione dei titoli quotati in borsa cominciasse a sgonfiarsi e ritornasse conveniente ricollocare nelle banche i capitali di investimento.
Questo non toglie che l’annuncio fosse doveroso. Tanto più che il rovesciamento della strategia del Quantitative Easing avverrà per gradi. In una prima fase la Fed ridurrà da 85 a 65 miliardi di dollari al mese le nuove immissioni di liquidità. Successivamente ci saranno nuove riduzioni sino ad azzerare il programmna entro il 2015.

Ma – ricordiamolo per favore – dal 2008 ad oggi Bernanke ha pompato in circolazione 4 mila miliardi di dollari. Se l’Europa ne avesse stanziato solo la metà, la crisi sarebbe stata superata in sei mesi, senza alcun rischio d’inflazione, anzi scongiurando un altro rischio gravissimo, quello attuale di cadere in deflazione.
Il povero Draghi – come si sa – non ha potuto farlo. La signora di Berlino non ha voluto. E nessuno ha osato contraddirla e forzarla a modificare lo statuto della BCE. Così affondiamo tutti. Rassegnati.