Gentile Dottor De Carlo,
come al solito sono d’accordo con quanto scrive sul Carlino del 14 agosto. Abbiamo assistito alla “primavera araba”, e quegli Stati sono ora in mano ad una confusione che mette in pericolo i nostri confini.
In effetti, l’unico caposaldo rimasto a garantirci dall’Islamismo è Israele. La Siria laica, in mano ad un despota, garantisce almeno parte dei diritti umani che l’Islam puro non potrebbe garantire. La stessa Turchia laica, che ci difendeva in quella parte dello scacchiere, è in ebollizione e non mi dispiacerebbe che i militari avessero ancora un ruolo determinante, come sta avvenendo in Egitto. Lo stesso Obama ha un atteggiamento ondivago, insicuro, e mette in difficoltà e in sospetto chi difende i valori occidentali…
Come sa, in Italia siamo messi male politicamente. E siamo sotto “invasione”… Con la caduta dell’Impero Romano i “barbari” avevano già acquisito le esperienze militari degli eserciti romani con cui avevano combattuto, nonché gli usi, i costumi… Eppure, se non fossero stati i monasteri, avremmo perso la cultura greco-romana. Le “invasioni africane”, così stranamente ed incomprensibilmente rese possibili, portano solo tribalismo e razzismo tribale, non tanto verso i “bianchi”, quanto tra gli Africani stessi.
Non conosco molto dell’Africa. Nel 1966 ero in Congo e laggiù mi resi conto che quelle popolazioni erano rimaste tribali e che solo con la forza di un esercito ed un potere assoluto si poteva tenere unita la colonia ex-belga. Per fortuna che era presente il Quinto Commando anglosassone che, quasi da solo, sconfisse i Simba criminali e assassini delle loro stesse popolazioni, secondo la logica marxista della eliminazione della intellighenzia e dell’imprenditoria.

Mi interessai subito dopo del Sud Sudan, del cui Fronte di liberazione – l’ALF Azania Liberation Front – divenni rappresentante in Italia. Laggiù mi resi conto (si era nella prima guerra di indipendenza; John Garang venne molto dopo) che il tribalismo non sarebbe stato sconfitto neanche dalla lotta comune contro il governo centrale di Khartoum. A parte i momenti in cui si sparavano tra guerriglieri di diverse tribù, il gruppo in cui ero, formato da Lotuko, Acholi (tribù pure ugandesi), Denka ed altri, non riusciva ad integrarsi. Ogni gruppo viveva per conto suo al campo ed in caso di attacco i Denka si squagliavano, poiché non era la loro terra (lontana a nord) che difendevano. Sapevamo tutti che dopo l’indipendenza ci sarebbero state lotte di potere. Ma per come si sono messe le cose, il Sud Sudan diventerà presto un campo di battaglia tra tribù per la supremazia governativa e la grassazione conseguente delle povere popolazioni. La situazione africana, dove le popolazioni soffrono e si scannano dietro gli ordini di un incompetente, o di un ladro criminale, mi dimostra sempre di più che aver dato l’indipendenza dal colonialismo ha fatto gli interessi di qualcuno all’interno e all’esterno, ma non delle popolazioni medesime.
Quindi, non riesco a capire come mai abbiamo messo un’Africana al ministero dell’integrazione, che ha subito provocato una reazione politica e pubblica con la proposta dello “ius soli”.

Confesso che temo per il futuro di noi Italiani, anello debole dell’Europa: basterebbe poco per dissestarci, con le profonde divisioni politiche antinazionaliste che abbiamo. E con tutti i musulmani che vivono nel nostro territorio non basterebbe tutta la Nato a controllarli, se solo il 10 per cento decidesse di mettersi a fare il terrorismo.
Cordiali saluti,
Giorgio Rapanelli
Corridonia (Macerata)

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La cosa più stupefacente – caro Rapanelli – è l’assenza di leadership americana. E ogni volta che l’America non la esercita, i suoi alleati, vale a dire noi europei, rimangono acefali.
Così anche questa volta. Obama sembra paralizzato, incapace di onorare i doveri di una superpotenza che volente o nolente dovrebbe occuparsi della gestione dell’ordine mondiale. Non sa che fare. E non solo in Egitto.
Negli ultimi mesi ha assistito impotente alla graduale resurrezione di Al Qaeda in Siria. Ha assistito impotente – salvo qualche incursione dei droni – all’espansione della stessa Al Qaeda nelle regioni settentrionali dello Yemen.
Ha assistito impotente al graduale sgretolamento dell’autorità governativa nel fragile esperimento democratico in Iraq. E pensare che a torto o a ragione gli americani in Iraq ci hanno rimesso tanto sangue, tanti soldi, hanno bruciato tante illusioni. Prima fra tutte quella di poter esportare nel mondo arabo una democrazia di tipo occidentale.

Ha scritto il Washington Post, che di Obama è stato a lungo sostenitore: la straordinaria passività del nostro presidente di fronte alle crisi internazionali ha raggiunto probabilmente il suo apice. E tutti, americani e europei, ne pagheranno le conseguenze.
In Siria il problema non è più la spietata repressione di Assad. E’ invece la crescente influenza di Al Qaeda. Al punto che i ribelli moderati stanno pensando a un qualche accordo con il regime pur di evitare che la Siria diventi un altro Afghanistan.

Assad se non le libertà civili garantisce almeno la laicità dello Stato. Nel Medio Oriente arabo è già una conquista.

In Egitto i generali sparano sulle folle fondamentaliste per la stessa ragione. Non vogliono che il loro Paese diventi come l’Iran. Ovvio che il bagno di sangue urta la nostra sensibilità e i nostri auspici per soluzioni pacifiche.
Ma per quanto cinici possiamo apparire, dobbiamo augurarci che i Fratelli Musulmani vengano sgominati e che l’Egitto mantenga istituzioni laiche.
Né vale l’obiezione delle anime belle, secondo le quali Morsi deve tornare al potere in quanto eletto democraticamente. Anche Hamas (che è un’organizzazione figlia dei Fratelli Musulmani) andò al potere democraticamente.

Ma una volta insediatosi a Gaza cominciò lo smantellamento sistematico dei principi in nome dei quali aveva vinto le elezioni.
Il nuovo mini Stato palestinese è stato costretto a uniformarsi al primato onnipotente della sharia come predicano i talebani in Afghanistan e come praticano gli ayatollah in Iran.