Tra tutte le forme di femminicidio che emergono dalle cronache ormai quotidiane credevo che, tra coltellate, sgozzamenti, strangolamenti, botte, colpi di pistola, stupri mortali, quasi tutti compiuti da mariti, compagni ed ex, l’efferatezza che più mi aveva dato fastidio fosse quella dei colpi di mattarello in testa. E che tra stalking, speronamenti, lancio di corpi da auto in corsa, denigrazioni, isolamento sociale, suppliche e promesse che accompagnano l’escalation del male, a lasciarmi più attonita fosse stato il marito che ha colpito la moglie alle spalle (facendo poi strage pure dei figli), dopo averci fatto l’amore, fingendo di andare a prenderle un bicchiere d’acqua. Non so perché. Ognuno ha le proprie paure e una propria soglia di orrore. Non fa differenza, in effetti.

Il salto mortale dal settimo piano di un palazzo della diciannovenne Alessandra Pelizzi, dopo aver tentato invano di liberarsi dalla stretta mortale del suo ex che ha voluto trascinarla con sé in quei consapevoli istanti di terrore nel vuoto, mi ha però fatto sobbalzare l’asticella, come una bilancia che non regge il peso, come una bussola che gira impazzita in cerca di riferimenti.

Le uniche immagini che tutto ciò mi ha evocato, in un gioco inconscio mentre cercavo di non pensare agli ultimi istanti di vita di quella povera ragazza che ha lottato invano per non essere scaraventata giù dal balcone, erano quelle di Peter Pan che prende al volo Wendy, costretta a saltare dal trampolino della nave dei pirati di capitan Uncino, o di Spiderman e Batman che afferrano le belle di turno, un attimo prima che si schiantino al suolo dopo essere state sbalzate da un grattacielo, a Tarzan che porta Jane di liana in liana e via dicendo. Perché questo è ciò che abbiamo metabolizzato da bambine.

Sappiamo ormai da tempo che i ranocchi non si trasformano in re con un bacio, che non è il caso di stare chiuse in una torre ad aspettare il principe azzurro o l’ufficiale e gentiluomo che ci sposi per portarci via da una fabbrica: meglio rimboccarsi le maniche. Ma nemmeno ai corsi di autodifesa per donne, dove ti insegnano come reagire in caso di tentato stupro, o accoltellamento o aggressione a bastonate ti accennano a come restare aggrappata ad un balcone, alla vita, mentre la persona che avevi creduto di poter amare ti trascina verso l’abisso. E’ un po’ come se nessuno avesse ancora osato immaginare un atto così crudele nella graduatoria del male, ormai quasi quotidiano, commesso dagli uomini contro le donne. Io non l’avevo fatto. E voi?