BOLLETTE non pagate per 40 milioni di euro, bilancio alla cultura ridotto del 24 per cento: l’allarme lanciato dal ministro Bray alle Camere, dati alla mano, preannuncia un profondo rosso, presentando una serie di saldi negativi. Ne parliamo con Cristina Acidini, storica dell’arte e funzionario di grandissima esperienza, da anni al timone della soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico e per il Polo museale della città di Firenze.
L’Italia della cultura allo sfascio, soprintendente?
«Diciamo, una parte. Noi, fortunatamente, siamo un organo periferico del ministero con autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa. E contabile».
I tagli vi riguardano fino a un certo punto, quindi?
«Con le aree archeologiche di Napoli e Pompei e la soprintendenza Archeologica di Roma siamo le uniche realtà dello Stato (comprese le altre che godono dello status di autonomia), a rimanere floridi».
Niente problemi di bollette, ma son tutte rose e fiori?
«Assolutamente no: condivido in pieno l’allarme lanciato dal ministro. Sul fronte della soprintendenza fiorentina (che, fra i tanti, gestisce musei come Uffizi, Accademia, Palazzo Pitti, ma anche il Bargello, Cappelle Medicee e San Marco), risente particolarmente della contrazione del personale».
Pochi custodi?
«Pochi e sempre più in là con gli anni: solo che il blocco del turn over impedisce di sostituire i custodi che vanno in pensione, “dettaglio” che non contribuisce certo a migliorare il servizio».
Di quante persone si parla?
«Al momento 700, alle quali vanno aggiunti tutti coloro che lavorano al nostro fianco nei servizi d’accoglienza. Un problema, certo, niente rispetto ad altre gallerie, dove si fatica ad acquistare la carta igienica: ma non tutta l’Italia è nelle stesse condizioni».
Possibili soluzioni?
«Niente di nuovo, solo che alle parole dovrebbero seguire i fatti: da quanti anni parliamo di defiscalizzazione in caso di donazioni per restauri o iniziative culturali? Tutto bloccato. Eppure l’integrazione con risorse e competenze del privato sono l’unica via percorribile per uscire dal tunnel».
Ben vengano i Della Valle e l’operazione Colosseo, quindi?
«Sia chiaro che il ruolo decisionale è, e deve restare, dello Stato: le risorse dei privati vanno poi guidate verso scelte condivise. Finalmente si è accesa una speranza».
Che sarebbe, soprintendente Acidini?
«In questo momento il ministro ha l’opportunità di usufruire dei benefici che comporta l’accorpamento del ministero per i Beni culturali con quello del Turismo».
Ma era già successo nel 2006?
«Non esattamente, Rutelli (ministro per i Beni culturali) aveva la delega per il Turismo; oggi le due componenti sono state unite, tanto che ci hanno fatto cambiare la carta intestata».
Che benefici si aspetta?
«Una sola autorità capace di mettere in contatto due realtà che, insieme, possono produrre moltissimo per il nostro Paese. Anche dal punto di vista economico».