Rimini, 21 agosto 2017 – Gentiloni il calmo, Gentiloni il dialogante, Gentiloni il concreto. Ma, da oggi, forse per la prima volta, Gentiloni leader, capace di emanciparsi dall’ingombrante figura di Matteo Renzi. Lo ringrazia, per carità. Ne elogia il Jobs Act, ma poi fa quel che faceva l’ex premier: non si nasconde. E lo fa sulla legge di Bilancio in modo molto esplicito. Se con lo Ius soli ci va un po’ più cauto, sapendo che la platea non approva in toto, sul lavoro detta la linea. E, per la prima volta, ci mette la faccia: detta l’agenda confermando che nella manovra ci saranno incentivi permanenti per l’occupazione giovanile.

«La prossima legge di Bilancio sarà un passaggio chiave per concludere in modo ordinato la legislatura, che è il compito che mi pongo e sul quale impegnerò tutto il governo», dice dal palco. «Ha indicato la strada, in modo forte», rimarcano dallo staff del premier. Insomma, Gentiloni cambia verso. E lo fa ogni giorno di più costruendosi un profilo proprio, rigettando la figura di leader dimezzato. Certo, a viso aperto, usa l’arma della consueta modestia («in vita mia non avrei mai pensato di arrivare a palazzo Chigi. Posso anche chiudere qui…»), ma sa che la sua popolarità è in crescita, mentre quella di Renzi è in calo. Da qui, la convinzione che ormai hanno quasi tutti, di un Gentiloni sempre meno reggente e con il profilo di possibile futuro premier, di fronte alla mancanza di una maggioranza chiara uscita dalla urne.

«Le larghe intese sono l’unica alternativa», scandiscono i ciellini che in platea si spellano le mani in applausi per Gentiloni. Non è un segreto che anche per loro potrebbe essere Paolo il calmo il premier del dialogo. I tempi del Celeste Formigoni e del Berlusconi degli scandali ormai sono archiviati e il popolo di Cl non vuole scottarsi. Meglio un leader conciliante, in abito carta da zucchero, che non alza la voce. «È più concreto. Per fare le cose non c’è più bisogno di spocchia». Come aveva anticipato Giorgio Vittadini, a lungo a capo della Compagnia delle Opere, alla vigilia del Meeting, i fan di don Giussani non vogliono più l’uomo solo al comando. «Renzi mi piaceva, ma si è rivelato uno sbruffone. Gentiloni parla meno, ma agisce di più», dice Fabio che si definisce orfano della Democrazia cristiana. «Non grida, ma è deciso», chiosa Salvatore che viene tutti gli anni al Meeting dalla Sicilia. «NOI di Cielle abbiamo avuto tante delusioni, da Formigoni in poi. Ci credo poco, ma chissà», sbuffa Angelo. «Preferivo Letta», dice qualcuno. E mentre c’è anche chi si lascia andare alla nostalgia – «non torneranno più i tempi di Berlusconi…» – Anna si guarda intorno stranita. «Perché tanto trambusto? L’evento di oggi non è mica stato Gentiloni, ma la Messa». E su questo, sono tutti d’accordo.

Articolo pubblicato su QN il 21 agosto 2017