CHE COSA è diventato il Movimento 5 Stelle? Un partito pigliatutti che non ha preferenze sociodemografiche, di classe, di territorio. E, nell’ultima fase, sempre pià spostato a destra.
A leggere M5S. Come cambia il partito di Grillo (Il Mulino), il nuovo libro di Piergiorgio Corbetta (nella foto), professore dell’Alma Mater e dell’Istituto Cattaneo di Bologna, l’elettorato del M5S è diverso rispetto a quello degli altri partiti populisti. «La base del Movimento non sono gli esclusi economici, quelli che il sociologo Luca Ricolfi chiama la terza società». Non più lavoratori precari o perdenti culturali marginalizzati dalla modernizzazione, cioè coloro che hanno contribuito all’elezione di Trump. Per intenderci: il Movimento lo votano in egual misura uomini e donne; laureati e persone con la terza media; cittadini delle piccole e grandi città, senza differenze tra Nord, Centro e Sud. La conferma arriva dalla ricerca scientifica di Corbetta che ha incrociato 44mila flussi elettorali del Cattaneo e i sondaggi Ipsos di Pagnoncelli (230mila interviste) dalle Politiche del 2013 alle amministrative del 2017.
Sfatato anche il mito del partito di Grillo che piace soprattutto ai giovani. «Si rivolge a tutti, con un lieve calo di fan solo tra chi ha più di 55 anni», spiega l’autore del libro. E chi sceglie i grillini, politicamente, da dove viene? Corbetta distingue il ‘colore politico’ in tre fasi: alle amministrative 2012, quando il M5S prese l’8 per cento, i 5 Stelle prendevano voti dall’area di sinistra e di protesta (Idv e Lega). Nel 2013, alle Politiche, inizia la trasformazione. Il M5S da partito di nicchia diventa partito di massa. Nelle amministrative 2014-2017, i grillini cambiano ancora pelle: una parte dei voti finisce nell’astensione e aumenta la vicinanza con la destra.
«In quest’ultima fase hanno virato verso Forza Italia e Lega, lo dimostrano i ballottaggi, dove i 5 Stelle, non avendo candidati, hanno scelto quelli del centrodestra», spiega Corbetta.
Uno slittamento a destra che, nel libro, è sintetizzato da una tabella: se nel 2012 il 27% degli elettori era disponibile a votare per il Pd, nel 2016 la percentuale è crollata al 10%. Stessa tendenza per quanto riguarda la sinistra radicale. Ma la vera sorpresa riguarda i partiti di destra.
L’elettorato di Grillo cinque anni fa si sentiva vicino a Forza Italia solo nell’8% dei casi, mentre nel 2016 la percentuale saliva al 12%. Trend ancora più evidente con la Lega (dal 5 al 15%) e soprattutto con Fratelli d’Italia. Nessun elettore grillino si sarebbe mai sognato di votare per Giorgia Meloni nel 2012, mentre nel 2016 già il 17% era ben disposto.

Rosalba Carbutti

Articolo pubblicato il 23 settembre 2017 su QN

Twitter: @rosalbacarbutti

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