Roberto Giachetti

Ci sarà la scissione nel Pd?
Roberto Giachetti , vicepresidente dem della Camera, da sempre in prima linea con Matteo Renzi, non accetta la domanda.
«Noi non cacciamo nessuno. Non è un problema nostro, ma della minoranza che, per etica e moralità politica, dovrebbe spiegare le ragioni per cui sta nel Pd».
Non l’ha presa bene…
«Non fanno altro che bombardare Renzi e il partito. Non ricordo, invece, una recente dichiarazione contro Grillo, Berlusconi o Salvini. Il nemico è sempre lo stesso: Renzi».
Non è che avete paura di questo cannoneggiamento continuo, da Massimo D’Alema a Michele Emiliano?
«Nessuna paura, ma fanno male. Al partito».
Dovrebbero andarsene?
«Le ho già risposto. Ma certo stare dentro al partito vuol dire accettare le regole comuni, non fare come ti pare minacciando scissioni. Pensano di essere la minoranza illuminata. E pretendono di comandare. Se poi Renzi e la maggioranza decidono diversamente, gridano alla deriva autoritaria».
D’Alema ha detto di «essere pronto a ogni evenienza».
«Quale credibilità può avere chi ha detto: ‘Sia che vinca il Sì o il No, tornerò a presiedere la Fondazione culturale dei Socialisti europei a Bruxelles e quindi non mi occuperò più della politica italiana’? Era il 12 novembre 2016. Dopo poche settimane ha convocato i comitati del No per organizzare la scissione. C’è altro da dire?».
D’Alema dice che un partito di sinistra varrebbe il 10%.
«Beh, un grande traguardo politico! Sostanzialmente distruggere tutto per tornare in Parlamento. Ma chi segue D’Alema? Forse nemmeno tutta la minoranza dem».
Nessun giovane Prodi all’orizzonte?
«Emiliano come un novello Prodi? Non mi pare giovane…».
Il governatore pugliese guida la rivolta della minoranza Pd chiedendo il congresso anticipato.
«Ennesima contraddizione. Renzi, sconfitto al referendum, aveva adombrato la possibilità di anticipare il congresso, e la minoranza tuonò contro la resa dei conti. Matteo cambiò idea. E ora? Quelli che protestavano sulle assise anticipate, oggi chiedono il congresso subito».
Anche sul Mattarellum accusò violentemente Roberto Speranza d’incoerenza.
«Alla mozione pro Mattarellum votarono No. Oggi si svegliano e dicono quanto è bello il Mattarellum. Anche sui capilista bloccati gridano allo scandalo. Tra coloro c’è anche qualcuno nominato da Bersani mentre molti di noi facevano le parlamentarie».
Anche sulle urne subito la minoranza è contraria.
«Sono per il Mattarellum, ma se non si riesce a cambiare in fretta la legge elettorale, meglio andare rapidi al voto. Ma decide il capo dello Stato».
Se lo scontro ha raggiunto questi livelli qualche colpa ce l’avrà pure Renzi, no?
«Alcune riforme, come quella sulla Scuola, ma anche il Jobs Act, soprattutto sui voucher, andavano migliorate. Ma tra qui e pensare di comandare pur essendo minoranza ne passa».
Non è che il Pd è un progetto fallimentare?
«Forse è un progetto ancora da completare, visto che non è riuscito ad allargarsi rimanendo troppo legato alle anime popolare e diessina. Renzi ha perso il referendum, ma, guardando il risultato delle Europee e i voti del Sì, ha portato il Pd ad ambire al 40%».
Non crede di esagerare nell’ottimismo?
«Non saremo al 40%, ma al 30-33%, lo dicono i sondaggi. Difficile prendere lezioni da chi doveva far vincere il Pd e, invece, si è fermato al 25%. Bersani sia più umile».
Guardando la Francia e la Gran Bretagna, però, i socialisti stanno virando sempre più a sinistra.
«E infatti in Francia rischiano di non arrivare neanche al ballottaggio».
Non è che Renzi, alla fine, farà come Macron e si farà il suo movimento o partito?
«Renzi non ha voluto sfruttare la sua popolarità per fondare un partito. Il Pd non è il PdR, il partito di Renzi, ma un partito guidato da chi ha stravinto le primarie».

Intervista pubblicata su QN il 31 gennaio 2017

Twitter: @rosalbacarbutti

 
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