Viviamo in un mondo che non ha ancora capito che i grandi cambiamenti non obbediscono a modelli storici prestabiliti, in un mondo che cerca pedissequamente di ignorare di essere preda dell’imprevisto e che, nel tentativo di illudersi di dominarlo questo benedetto fato si dimena nello stilare previsioni di ogni tipo.
Ecco: in un mondo che desidera chiudere le porte al potere del caso, non è un caso (perdonatemi il gioco di parole) che un giocatore assolutamente imprevedibile come Bubba Watson riesca ad ammaliare la stragrande maggioranza dei tifosi.
Voglio dire: viviamo in una società che per difendersi dalla paura del futuro, prepara pronostici di ogni tipo e fattura – dal meteo, all’andamento economico, dalla politica allo sport – spacciandoli naturalmente per attendibili, quando invece mi dovete spiegare il motivo per il quale se qualcuno realmente conoscesse il domani per esempio di un titolo azionario dovrebbe condividerlo con il resto dell’umanità; comunque, dicevo: viviamo in un mondo che si muove come se realmente si fosse emancipato dall’intervento del caso e poi invece capita che ci si imbatta in un campione alla Bubba, il cui swing balengo pare produrre solo colpi figli della casualità più bieca.
Ora: mentre gli altri giocano a golf cercando di conseguire la tecnica più pura al fine di poter meglio prevedere l’andamento dei drive, lui, con la sua mancanza di equilibrio e con la sua imperfezione, a ogni colpo pare invece affidarsi a ciò che la sorte ha deciso per lui.
Quanto noi proviamo a controllare il flusso degli eventi, tanto Bubba vi si abbandona; quanto noi evitiamo le deviazioni fuori programma, tanto lui le cerca; quanto noi tentiamo di riordinare il puzzle del nostro gioco, tanto più lui lo incasina; quanto più noi siamo vulnerabili di fronte all’imprevisto, tanto più lui si rafforza.
In un circuito professionistico in cui, soprattutto negli ultimi anni, la tendenza è stata quella di perfezionare maniacalmente la tecnica al fine di evitare di imbattersi in situazioni insolite, Bubba Watson è il menestrello che sa trasformare in bello ciò che è il brutto dell’inatteso.
Semplicemente lui mira e tira, senza affidarsi mai a calcoli delle probabilità, algoritmi di previsione o a medie statistiche.
Non insegue modelli di gioco prestabiliti nel passato, ma si fa artefice unico del suo futuro. E ha ragione, perché, se non lo avete ancora capito, non importa quanto sofisticate siano le nostre scelte, o quanto bravi siamo a dominare le probabilità: il caso avrà sempre e comunque l’ultima parola.