NELL’ITALIA che adotta leggi e regolamenti sempre più restrittivi per le armi da fuoco, la produzione delle armi stesse è un settore da export che viaggia col vento in poppa quasi come quello del vino. Le cifre che espone la Beretta, azienda con 500 anni di storia, sono significative accanto al dato che colloca l’Italia al primo posto al mondo per esportazione di armi comuni (sport e caccia). Non spaventatevi. Siamo ben lontani dagli Stati Uniti dove è possibile acquistare un fucile mitragliatore con la stessa facilità con cui si compera una racchetta da tennis. La circolazione di «oggetti» laggiù è libera e la lobby delle armi che fa capo alla National rifle association è potentissima tanto da essere un interlocutore impegnativo per i governi di ogni colore. E’ l’atavica mentalità della frontiera. L’Italia, per un malinteso senso del politicamente corretto, non ama esibire la solidità di questo settore industriale e aumenta progressivamente, e fino allo sfinimento, le difficoltà burocratiche per possedere un’arma.
INTANTO, come si vede dalle cronache chi spara pericolosamente, fra criminalità comune e mafie di varia estrazione, non ha difficoltà a rifornirsi di ciò che serve. Risultato: le persone perbene che a fini sportivi o per difesa cercano di acquistare un’arma sono sottoposte a una istruttoria sfibrante mentre i delinquenti non hanno difficoltà ad imbracciare mitragliette. Acquistare un’ arma già è complicato, perdere il diritto di detenerla è un soffio. Basta una lite con scambio di querele o una battuta su Facebook e scatta perfino la sospensione della licenza di caccia con sequestro dei fucili. Prevenzione, si dirà. Ciò che manca è invece una corretta formazione. Anzichè incentivare i divieti e aumentare le difficoltà al diritto di possesso si dovrebbe invece insistere sull’educazione e sui controlli. A cominciare dai corsi per ottenere la licenza di caccia, dove la parte balistica si limita a necessari dettagli tecnici ed è morbida la formazione consapevole, comprese le prove di sparo. E’ qui che bisogna insistere, oggi più che mai la preparazione psicologica è necessaria. La diffusa emotività sulla legittima difesa, in attesa di una nuova legge che ne allarghi le maglie, sta spingendo un numero di persone in crescita verso i poligoni per acquisire il diritto all’acquisto di un revolver. Un fenomeno che non va demonizzato ma gestito. Ecco perchè serve una formazione teorica e pratica più ragionata. Senza paura.

Beppe Boni