SE CI FERMIANO alle minacce lanciate alla collega potremmo pensare a un pazzo isolato in azione nella sconfinata e incontrollabile prateria del web più oscuro. Ma dietro un folle in questi scampoli di Islam farneticante ce n’è sempre un altro, dietro un «lupo solitario» pronto a farsi esplodere ne compare sempre un secondo. Il post lanciato ieri ha avuto 4 «I like», mi piace. Significa che altri condividono le stesse convinzioni pensando che «certi atti vanno puniti severamente». Altri 4 individui senza volto, che rilanciano le minacce, che inneggiano alla Guerra santa. Vi sembrano pochi? No, sono tanti. E non è solo una questione di numeri: sono pericolosi. E poi il gruppo di questi sedicenti Musulmani d’Italia: raccoglie circa 500 aderenti che divagano con una vasta gamma di minacciose frasi sul web e sottolineano come «combattere l’Islam è miscredenza». Sarà una coincidenza, ma proprio ieri la cronista del Carlino aveva firmato un pezzo raccontando la storia di un italiano convertito all’Islam ora indagato per terrorismo. Sono i possibili guerrieri della porta accanto, che si muovono nell’ombra.

E FRA CENTO che minacciano ce ne sono dieci che colpiscono. Qualcuno ha un volto nei verbali di polizia e carabinieri, molti sono solo fantasmi su Facebook. È anche da queste brigate di combattenti potenziali che dobbiamo difenderci. Camminano sul filo di un terrore inafferrabile, sono simpatizzanti e non sempre terroristi dichiarati, ma possono diventarlo quando decidono di compiere il passo per imbracciare un mitra in Siria o farsi esplodere in Europa. Un procuratore antimafia disse che in casi di emergenza bisogna cedere fette di libertà personali per sentirsi o più sicuri. È una dichiarazione di principio coraggiosa e fondata. E vale maggiormente se si parla di lotta al terrorismo islamico dotato di ampie frange in sonno, di soldati pronti a immolarsi, di singoli spinti dall’emulazione. La legge è indietro rispetto alla capacità di azione dei candidati guerriglieri sparsi ovunque. L’italiano di origini marocchine di cui parlava ieri la collega minacciata non può uscire ma usa Facebook. Come lui molti altri. Anche quest’arma va tolta perchè può alimentare odio. C’è una guerra a bassa intensità che si combatte anche qui in casa nostra, ma la società fatica ad ammetterlo. Invece bisogna ricordarlo ogni giorno a voce alta.

 BEPPE BONI