GLI UNICI che fino ad oggi hanno dimostrato di avere le idee chiare sul tema dell’immigrazione clandestina sono gli scafisti di mare e di terra. Hanno obiettivi precisi, intenti strategici, piani organizzati e in continua evoluzione. Gente preparata insomma. Bisognerebbe assumerli in Europa e fare gestire a loro il nodo delle espulsioni, tema emergente nell’emergenza. Dopo il buonismo tout court (accogliamo tutti), le operazioni di facciata anti scafisti in mare, (arrivano i nostri) e l’indignazione per i muri la filiera è finita. E adesso si discute, per forza di cose, delle espulsioni, tema quasi ignorato in Italia ma che esplode in Nord Europa. Un posto dove il welfare è da premio Oscar ma quando c’è un problema serio, vedi l’ immigrazione, le decisioni sono rapide, mentre da noi fra ricorsi e tutele si affonda nell’immobilità.

LA SVEZIA annuncia che la festa è finita, non può più accogliere migranti e organizzerà un ponte aereo -charter per riportare a casa 80 mila richiedenti asilo respinti. L’Olanda segue a ruota: studia un piano che prevede di riportare in Turchia in traghetto i richiedenti asilo provenienti dalla Grecia. E il portavoce Ue all’immigrazione, Natasha Bertaud, sui rimpatri della Svezia dice: avanti così è una questione di credibilità. Riflessione ovvia che fino ad oggi pareva un tabù. Meglio tardi che mai. Dunque la Ue si sveglia dopo il sonno di anni in cui, sul fronte dei clandestini, ha ignorato l’Italia. Che sulle espulsioni però dorme a sua volta. Che in Svezia siano più cattivoni di noi? No, è l’Italia ad essere in ritardo. Qui le espulsioni sono una farsa: due su tre restano entro i confini. Come Mohamed Jella, l’algerino che a Parma ha ucciso a botte la compagna: da tre mesi doveva lasciare il Paese eppure viveva tranquillo in Emilia. O come Cheik Diaw, il senegalese che ha ucciso l’ americana di Firenze, un irregolare che faceva il pierre nei locali. Il meccanismo delle espulsioni è un flop. Emblematico il caso di Rimini, dove gli irregolari sono un esercito sempre in movimento. Nel 2015 sono stati consegnati 224 «fogli di via»: solo 87 individui se ne sono andati. Scarsa volontà politica o inadeguatezza dei meccanismi? Un po’ tutti e due. Conviene che almeno sulle espulsioni l’Italia telefoni in Svezia e si faccia passare gli appunti dei compiti a casa.

Beppe Boni