“Sono estremamente sorpreso che gli Stati Uniti, che sono ben consapevoli di come la rivoluzione siriana è diventata jihadismo internazionale, ovvero Al Qaeda, possano pensare di intervenire. Bisogna riflettere a lungo”.

Sono parole di Domenico Quirico, l’inviato de La Stampa appena rientrato dalla Siria dopo 152 giorni di terribile prigionia. Uno che la Siria l’ha vista da vicino, più da vicino di tutti noi. Il suo racconto fa venire i brividi, se si pensa che per punire Assad, gli Stati Uniti potrebbero involontariamente aiutare personaggi come quelli che Quirico si è trovato di fronte.  Gente senza scrupoli. Gente senz’anima. Gente senza pietà, al pari del regime che combatte. “Sapete che io ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana e le sue sofferenze, può essere che questa rivoluzione mi abbia in qualche modo tradito. Probabilmente non è più la stessa rivoluzione che ho incontrato due anni fa ad Aleppo, laica e democratica. E’ diventata un’altra cosa, molto pericolosa e complessa”.

Complessa, ecco la parola sulla quale l’amministrazione Obama dovrebbe riflettere, come gli uomini di Bush avrebbero dovuto a suo tempo riflettere sulla complessità della situazione irachena. Un’azione punitiva contro Assad è facile da concepire, probabilmente anche giusta. Ma a favore di chi? Di simili bestie? Chi sono in realtà gli uomini dell’Esercito Libero Siriano? Ex militari che quando si formarono – 2011 – proclamarono la caduta di Assad come il loro unico scopo, questo lo sappiamo. Ma qualcosa forse è cambiato in due anni, forse il libero esercito non è più tanto libero e filo occidentale come sembrava.

E allora la ciambella offerta da Putin alla Casa Bianca è a questo punto la sola cosa sensata alla quale, sia pure obtorto collo,  Obama possa aggrapparsi per salvare la faccia: Mosca può costringere Assad a consegnare l’arsenale chimico e fermare i suoi tank. E niente bombe occidentali finché non sarà chiaro chi sono i ribelli. E da che parte stanno.