mills-mcduffieDalla nicchia in cui probabilmente è destinato a rimanere, il “Concerto for violin, rock band and string orchestra” di Mike Mills e Robert McDuffie (2016, Orange Mountain Music) brilla e sprizza luce a fiotti. Un disco che è un’opera classica e, insieme, la storia di due uomini. Storia americana in tutto, of course, simbologia compresa: ci sono due compagni di college, Mike e Robert, entrambi appassionati di musica fin da piccoli, quando cantavano insieme nel coro di voci bianche della chiesa di Macon, piccolo centro in Georgia. La vita e il successo professionale li ha portati entrambi lontani. Uno, in particolare, è cresciuto nel mondo della musica, ha studiato ed è diventato un primo violinista di fama internazionale.

L’altro invece è il bassista dei R.E.M.

Mike Mills e Robert McDuffie si sono nuovamente incontrati qualche anno fa, racconta il libretto del disco, quando il violinista ha approfittato del pensionamento anticipato dell’amico rockstar, in seguito all’amichevole scioglimento (così è scritto, ma in fondo pare sia vero) dei R.E.M. dopo 32 anni di onorata carriera e capolavori da Hall of Fame. Accattivante la richiesta: “Puoi comporre per me un’opera per rock band e orchestra?”. Mills, indubbiamente, di tempo libero ne aveva.

Così è nato questo Concerto, che esalta in tutto la straordinaria capacità creativa di colui che, nei R.E.M., non è mai stato soltanto un bassista, bensì il polistrumentista che ha composto alcuni dei brani più famosi del gruppo. Uno tra tutti Nightswimming, ballad per voce di Michael Stipe e pianoforte di Mills, che poi è l’unico movimento già edito dei sei che compongono il Concerto e qui sorretto nell’atmosfera finale da una cascata di violini in crescendo. Eresia? Sì, se lo si pensa avulso dal contesto. Poiché quel brano di Mills – era chiaro anche quando uscì, nel 1992 (il disco è “Automatic for the people”) – nasceva già classico. Un classico mainstream. E cos’è, d’altronde, se non una scheggia di pop, fin dai tempi di Mozart, il movimento più noto di un Concerto o un’Opera?

Grave e pericoloso, perciò, estrapolare dal contesto quel brano e ascoltarlo da solo, paragonandolo magari all’originale dei R.E.M. L’opera, a questo punto, e così tanti anni dopo, va ascoltata finalmente per intero. Con Mills e McDuffie che si dividono la scena in modo omogeneo, accompagnati ognuno dal proprio piccolo esercito: chitarra e batteria da un lato, orchestra d’archi dall’altro. Due mondi che verrebbe quasi complicato tenere distanti, così perfettamente amalgamati nei crescendo, alternativi negli assolo, affiancati nelle strofe, ed è questa la sfida vinta che molti altri hanno perso: un’opera originale, che nascesse già in nuce come un Concerto per strumenti classici e contemporanei e non come un succedaneo, un ammiccamento o, peggio, un peccato di lussuria musicale.

Merito di Mills, che – figlio di un tenore – quei due mondi dimostra di conoscerli fin dal principio. E pazienza se il disco in sé non avrà i suoi spazi. Così composto, tra l’altro, con la parte originale appena descritta seguita poi da due riempitivi di repertorio: il rifacimento di un’opera per piano di John Adams, ‘Road movies’ e della ‘Sinfonia n. 3’ di Philip Glass, autore-faro dell’etichetta di musica classica contemporanea che pubblica il disco. Non può che essere un ibrido, quindi, non certo un album. Ma è la testimonianza duratura di quel Concerto, che di per sé è uno spettacolo da conservare. C’è anche un tour negli Usa, mentre in Europa, al momento, assente dai negozi e perfino da Spotify, il Concerto è acquistabile solo su iTunes oppure ordinabile in versione fisica su Amazon, dagli Usa. Tanta fatica, e qualche costo in più: per ripagarli è fatto obbligo avvertire prima i vicini, quindi alzare al massimo il volume dell’impianto.