ìCantautore, vivente. Così si limitava a dire qualche anno fa Mirco Menna, cantautore bolognese dallo stile impagabile, quando qualcuno – il mondo frenetico dell’informazione soprattutto, degli organizzatori di rassegne e del marketing culturale – gli chiedeva insistentemente una biografia.

Naturalmente indolente, notoriamente caparbio, perennemente sulla strada sbagliata. Mirco Menna è così: così facilissimo nei versi e nell’ispirazione, così contrario, al contempo, all’idea che ci si possa fare un minimo di preziosa pubblicità, ogni tanto. O ammiccare, per finire in tv o vendere una copia in più. Da sempre odia telecamere e supermercati invece, ed è per questo che si era perso di vista ancora una volta. Anche se lui qualche giorno fa, alla presentazione da Vito, a Bologna, del suo ultimo disco (‘Il senno del pop‘, 2017, Volume!) più che fuga l’ha chiamata una ‘crisi dei cinquant’anni’. Dicendo poi “l’ho fatta”, quasi come fosse un vaccino, o una tappa inevitabile.

Che gran tipo, Mirco Menna. Tenacemente fuori moda, e per questo sempre sul pezzo. Non sarà certo colpa sua se il mercato dei cantautori oggi è fatto di giovani con la barba lunga e la chitarra dimessa, meglio se naif, possibilmente disimpegnati, e lui invece nasce “vecchio cantautore” anche da giovane, e suona la chitarra sì, ma arpeggiata, percossa o semmai flamenco, e alle sei corde ama poi accordare fiati, tantissimi (ha fatto un disco stupendo con la Banda di Avola, un album per voce e banda di Paese), e poi bassi, contrabbassi, percussioni, fisarmoniche e tastiere. Lui, talmente disimpegnato che dell’impegno ha fatto sempre una bandiera.

Ma che impegno, poi? Non quello politico, di partito. Quello sociale, piuttosto. Civile, nel senso di civiltà, contrapposta all’egoismo, o al consumismo – da sempre suo acerrimo nemico – e che da anni cerca di imbrigliare nel linguaggio accattivante del marketing spinto e della pura vendita anche l’arte libera. Anche Mirco Menna stesso. Perché la novità, spiega, è che dopo tanti anni alla fine ha ceduto anche lui, dando al suo nuovo album una copertina pop e un titolo “da pubblicità ingannevole“. ‘Il senno del pop’, appunto, per un disco che di pop non ha neppure un gene. Oppure pop, sì, ma nel senso di popolare (sarebbe poi questo, l’etimo). E neppure tanto. Perché nei dieci brani di questo ultimo disco, Mirco Menna ha messo ben più di un racconto popolare. Un mondo antico trapiantato nel contemporaneo come è lui stesso. Cantautore vivente, vagamente francese nei modi. Nato a Bologna, però, quartiere periferico e popolare, Corticella, vissuto poi barista e cantore di viaggio, con lo zaino sulle spalle e la chitarra in mano. Senza cellulare finché ha potuto, per la gioia di discografici e tour manager, e perciò sempre pronto a camminare a piedi e perdersi, nel senso letterale di perdere la strada e non trovarla più, unico modo che conosce per descrivere il mondo che ha davanti. E come lo descrive bene. Così ironico, sbeffeggiante, divertente e al tempo stesso profondo, spietato, perduto.

Sentite qua: “Così passiamo, nella luce livida / ci muoviamo ignari, mediamente grassi”, ” Così passiamo, la falcata asfittica / i sorrisi avari e gli sguardi bassi / bevuti e mossi dai cristalli liquidi”,  “Sempre tra avversari ci muoviamo / come se tutto fosse tasca propria / come se dio fosse uno di noi”. Questa è ‘Così passiamo‘, mentre ne ‘Il senno del pop‘: “Ho sbagliato strada un’altra volta – ammette – non dovrei trovarmi qua / all’incrocio col vigile urbano / al semaforo prima, non ricordo / probabilmente dovevo stare a sinistra”. Cos’è stato? “Una svista, come sempre una svista / sono distratto dai tempi della scuola / rimanevo sempre indietro / e mi perdevo le novità”. Ché Mirco Menna è così, amabilmente demodè, straordinariamente sul pezzo. Lo dimostra l’ennesimo disco da teca, o da Tenco, dove più volte è stato finalista, e pazienza se ogni tanto sparisce e si perde: “la strada – lo dice lui stesso in Beghine, in un pezzo di qualche anno fa – in fondo “porta dove termina la strada”. Per niente male se di tanto in tanto, durante il viaggio, ci fermiamo a goderci lo spettacolo.

Simone Arminio