Anche a Sanremo l’unica emozione vera della serata inaugurale è la disperazione. Due operai del consorzio bacino di Napoli e Caserta minacciano di buttarsi giù dalla balaustra, scena già vista e rivista all’Ariston con la differenza che stavolta il sospetto di una messinscena fatica più del solito a farsi strada perchè sbatte contro le conseguenze drammatiche di una crisi reale, sempre più cruenta. E quando domani i dati di ascolto premieranno il momento di panico iniziale prendiamoli come occasione per riflettere, come omaggio alla memoria di chi per colpa di questa crisi non c’è più, come segno di rispetto nei confronti di chi invece continua a combatterla con le poche forze rimaste.
“Rivogliamo la nostra dignità” conclude il messaggio che i due consegnano a Fazio perchè lo renda pubblico. Niente a che vedere con la lettera esibita da Luciana Littizzetto quando il sipario, all’inizio bloccato, purtroppo decide di aprirsi e la “signora” del Festival scende la scalinata svestita di piumaggio rosa con un davanzale fiorito che funge da reggiseno. Il primo “culi” dopo circa due minuti e da lì in poi il solito crescendo di tette e cosciòn, di allusioni grette, battute trite e ritrite con il solito Fazio nel solito ruolo di spalla finto stupito e preoccupato.
Letitia Casta, bellissima, porta il primo sorriso della serata dopo il tributo di Ligabue a Fabrizio De Andrè. Canzoni che attraversano tutto l’arco costituzionale di stili, suoni, voci e Raffa ce la mette tutta per lasciare un segno ma l’unico brivido resta la disperazione aggrappata a quella balaustra, lassù in cima. Ancora più umiliante pensando al milione di euro versato ai due conduttori replicanti, o a Grillo che dopo essere diventato ricco e famoso grazie alla Rai l’accusa di aver rovinato il Paese…