Sla, l'esperto: "Boom di casi. Donne nel mirino"

Il neurologo Chiò: in crescita del 32%, servono più soldi alla ricerca

Il neurologo Adriano Chiò ha scoperto il gene della Sla (Fotogramma)

Il neurologo Adriano Chiò ha scoperto il gene della Sla (Fotogramma)

Torino, 12 agosto 2016 - PRESE il nome da Louis Gehrig, l’instancabile giocatore di baseball americano che dopo 2.130 partite consecutive fu costretto al ritiro. Va bene anche male oscuro, per quello che se ne sa. È la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), diventata l’incubo dei calciatori. Distrugge le cellule nervose dedicate alla stimolazione dei muscoli facendoli atrofizzare poco a poco. Una tragedia di nicchia, si pensava. E invece no. La Sla nei prossimi anni cambierà i connotati del ‘paziente tipo’ e aumenterà in maniera preoccupante.

Nel 2040 la crescita media dei malati nel mondo toccherà il 32% (dai circa 200mila nel 2015 a oltre 370mila). E le più colpite saranno le donne (40%). La minacciosa previsione è frutto di uno studio italo-americano appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Nature Communication. A collaborare con il National Institutes of Health di Bethesda è stato il professor Adriano Chiò, responsabile del Centro Sla dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.

Professore, volete spaventare la gente in vacanza?

«Vogliamo solo ricordare cosa ci aspetta a chi fa politica e decide oggi dove stanziare le risorse di domani. Meglio cominciare a mettere i soldi da parte».

L’aumento della malattia sarà uguale in tutto il mondo?

«Varierà da circa il 20% in Europa al 35% negli Stati Uniti a oltre il 50% in Cina. In Africa ci sarà un incremento del 100%».

È il prezzo da pagare alla longevità?

«Anche, ma non solo. La malattia colpisce soprattutto dai 50 anni in poi e questo spiega il balzo in Africa, dove la vita media si sta alzando. È il paradosso del successo della medicina che ci regala meravigliosi novantenni pieni di acciacchi».

Perché a essere più colpite saranno le donne?

«Perché sono diventate sempre più simili agli uomini, nel bene e nel male. Male il fumo, che rientra tra i fattori di rischio. Bene l’accesso a professioni manuali o a sport intensivi, che però costituiscono altri fattori di rischio. Meglio se certe cose non le avessero copiate, ma è un pacchetto completo: prendi tutto o niente».

Fra le cause possibili citate anche i fattori ambientali e lo sforzo fisico.

«I primi sono quelli su cui sappiamo di meno. Anche qui un paradosso: pare che il bersaglio preferito dalla Sla sia la popolazione agricola, come nel Parkinson. E gli sportivi. Non significa che tutti si ammaleranno, solo che avranno qualche probabilità in più, sommata alla predisposizione genetica. Perché non si sa. Non riusciamo a capire il meccanismo. Abbiamo un sacco di dati e non siamo ancora in grado di metterli assieme».

Sia visionario: fra quanto tempo la Sla sarà decifrabile e curabile?

«Non lo so, spero fra una decina d’anni. L’avanzare della ricerca è straordinario. Oggi siamo in grado di analizzare il genoma di un individuo per 1.000 euro, anni fa sarebbe costato un miliardo. Abbiamo inoltre una massa enorme di dati che prima non c’erano, abbiamo un metodo e sistemi informatici».

Ma chi si ammala di Sla oggi ha il destino segnato.

«Non c’è una regola. Dai primi sintomi muscolari e di disturbo della parola alla perdita di autonomia possono passare anni. L’uomo si adatta a tutto. Trovo nei miei pazienti una quantità di energia straordinaria. E spesso sono loro a fare coraggio a me».