Fitness e palestra, l’ossessione del fisico bestiale

Aumenta in Italia il numero di chi pratica attività sportiva non agonistica. Qualcuno eccede. Ma studi medici dicono che 20 minuti al giorno riducono il rischio di malattie cardiovascolari

Michelle 'The body' Lewin, ha 9 milioni di follower su Instagram

Michelle 'The body' Lewin, ha 9 milioni di follower su Instagram

Cristina punta la sveglia alle cinque per consegnarsi a quello che chiama con riconoscenza «il mio personal killer». Alle sei la palestra profuma ancora di disinfettante mentre lei affida i quadricipiti al suo assassino. Per un’ora e mezza fa squat, burpee e non dice pardon. È felice di andare in ufficio – a piedi – stremata. È sicura di recuperare prima della lezione di yoga acrobatico delle sette di sera. Barbara festeggia su Fb i suoi primi piegamenti con 30 chili sulle spalle. Marco sceglie l’approccio paramilitare del cross fit per prepararsi alla maratona di Berlino. È gente di sudore e vescica, sono scambisti di balsami miracolosi contro la fascite plantare, purghe, bacche di goji e spremute di limone. Lavorano sul corpo per accumulo di sforzo e sottrazione di caloria. Il riso, solo integrale. Come stravizio il sushi.   Insulsa e straniera considerano la quarantenne maritata bene che sale svogliata sulla cyclette e tormenta l’istruttore con i due enigmi irrisolti delle donne: interno coscia e tricipite tremolante. Patetico il commercialista che infila la maglietta nei pantaloncini. Ogni palestra contiene tanti mondi. L’aristocrazia, distribuita in un network di club costosi dove le receptionist se la tirano, si riconosce dalla borsa nera con il logo ostentato come una medaglia olimpica. I proletari vanno già cambiati e non fanno la doccia perché per 19 euro al mese non si può pretendere anche l’acqua calda. Lo chiamano fitness, è un’industria in crescita.

La classifica dei forsennati che si allenano almeno cinque volte a settimana è capitanata dall’Irlanda, seguita a breve distanza dalla tonica Svezia. Dall’altra estremità della scala stanno i paesi tradizionalmente pigri come Bulgaria, Grecia e Italia. Ma noi stiamo recuperando. Si parla di 18 milioni di persone che attorno al benessere fisico senza finalità agonistiche, fosse pure una sauna, muovono un giro d’affari sui 10 miliardi di euro all’anno. «Perché - si domandava Marziale - braccia forti si affaticano con frivoli manubri? Zappare una vigna è un esercizio più che valido per gli uomini». E non poteva prevedere le derive. Tanto meno che l’esercizio fisico diventasse una malattia. Come il cibo. Come la droga.    È stata classificata di recente una forma di anoressia inversa e tutta maschile che per ora colpisce l’1% dei body builder: omaccioni con bicipiti grossi come tronchi si vedono sempre troppo gracili e si sfogano sugli attrezzi, conditi da steroidi dopanti e diete iperproteiche. Arrivano a non potere più fare a meno della palestra, le occasioni sociali si dissolvono. Le ragazze non sono messe meglio. Una povera figlia che sta su YouTube tutto il giorno non può non farsi venire la voglia di avere un corpo come quello di Christine Salus, addominali e glutei di marmo, che si accanisce su se stessa a colpi di kettlebell. Instagram e le trainer dell’immagine contribuiscono a rafforzare nuovi standard fisici. La venezuelana Michelle ‘The Body’ Lewin sta plasmando per i suoi 9 milioni di follower una nuova idea del corpo della donna senza preoccuparsi del rischio del fai da te. L’importante è darci dentro. Alla fine l’hanno chiamata «vigoressia» (o complesso di Adone), che come anoressia non è una bella parola. È l’energia sperperata, una fissazione.

Il vigoressico per sentirsi bene è alla continua ricerca di metodi per avere muscoli sempre più grossi di cui non è mai abbastanza soddisfatto. E spesso è anche ortoressico, un maniaco della nutrizione che indaga nei singoli ingredienti di un piatto e si sente in colpa se sgarra. Sopra i 40 sono in tanti a soffrire anche della sindrome di Highlander, convinti che l’esercizio fisico preservi da ogni patologia, compreso il naturale scorrere del tempo. Come spiega Paolo Evangelista, trainer di fama internazionale docente alla Scuola Universitaria di Scienze Motorie di Torino, l’incognita è passare da una taglia 38 al «mai abbastanza tonico», scordando l’importanza del riposo, del recupero e della corretta alimentazione.    Chi è colpito da viogoressia si droga di attrezzi ed entra nella spirale della dipendenza, del comportamento compulsivo. Pare che il 25% degli italiani da palestra ci sia cascato: sono quelli che passano fra la ghisa tecnologica molte ore tutti i giorni, quelli che si guardano continuamente allo specchio per valutare i progressi. Un esperimento sui topi ha stabilito che l’iperattività motoria ha gli stessi effetti dei farmaci che curano la tossicodipendenza, come il naxolone. La medesima relazione osservata nella cosiddetta «anoressia atletica», un mix fra il disturbo alimentare e il bisogno di allenarsi di continuo per perdere sempre più peso. L’astinenza in topi e umani provoca gli stessi sintomi: tremore, digrignamento dei denti, movimenti incontrollati delle palpebra. E tutto per una tartaruga, quella addominale, che nel gradimento femminile ha ormai sostituito il mito della pancetta sexy: il 54% delle donne, secondo uno studio condotto da Reinassance Lab su 1200 signore fra i 18 e i 65 anni, conferma che a piacere è il fisico tonico di gente come Ryan Gosling e Matthew McConaughey, astenersi mollaccioni.    Di qui l’impennata di richieste di trattamenti estetici complementari alla palestra come la crioadipolisi, la riduzione del grasso provocata dalle variazioni di temperatura che promette risultati in un mese. Ma fra tanti invasati c’è anche chi se la prende comoda. Un’indagine Doxa li ha battezzati i «sedentari in movimento», circa 16 milioni di italiani attenti a una sana alimentazione, ma non ossessionati dallo sport, contenti di muoversi appena possono ma non disposti a superare i 48 minuti di camminata al giorno. A questo esercito di sopravvissuti all’aria dei tempi piacerà di sicuro l’ultima novità proposta in Inghilterra dalla catena David Lloyd Clubs: una sala attrezzi fatta di letti e cuscini, una vera e propria palestra dove anziché sudare si fanno lezioni di pennichella lunghe tre quarti d’ora.