Giovedì 18 Aprile 2024

Più li amiamo e meno li curiamo. Il "paradosso" dei pet

Non sempre l’affetto per i nostri animali da compagnia corrisponde ad altrettanta consapevolezza se si parla del loro benessere. A dirlo un’indagine GfK Eurisko commissionata da MSD Animal Health

Messa in piega al barbone gigante (AFP)

Messa in piega al barbone gigante (AFP)

Milano, 31 maggio 2017 – Più li ami, meno li curi. È questo, in estrema sintesi, quanto emerge dalla ricerca GfK Eurisko “Human&Animal Health: prevenzione e benessere per l’animale e per l’uomo”, presentata questa mattina alla Fondazione Feltrinelli, che ha stretto l’obiettivo sulla salute e sulla prevenzione in campo veterinario da parte degli italiani. L’indagine, commissionata da MSD Animal Health, l’azienda leader mondiale nella ricerca, sviluppo e distribuzione di una vasta gamma di prodotti e soluzioni dedicati alla prevenzione, trattamento e controllo della salute animale, è stata condotta in Italia su un campione di 1.000 persone over 18.   Ebbene, l’affezione verso gli animali parrebbe inversamente proporzionale alla cura che riserviamo loro. Se infatti è vero che in Italia il 34% della popolazione adulta (pari a 7.700.000 famiglie) possiede un animale domestico, solamente il 46% dichiara di “far vaccinare regolarmente il proprio pet” e ben il 17% “non sottopone il proprio animale da compagnia ad alcun tipo di profilassi”. Tutto questo nonostante cane o gatto vivano esattamente come “uno di famiglia”: nel 54% dei casi la casa è l’habitat consueto degli animali da compagnia che trascorrono oltre la metà del proprio tempo tra letto e divano, nel caso dei felini, e circa un quarto se parliamo di cani.   “Il cambiamento è stato epocale”, sottolinea Marco Melosi, Presidente ANMVI, Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani. “Il trend di cani e gatti “in-door” è sempre più un’abitudine anche nelle aree rurali del nostro Paese. Se pensiamo a come i mutamenti climatici hanno influito sulla diffusione di parassiti e vettori, allora è sicuramente positiva la riduzione dell’esposizione del pet alla vita esterna, specie di notte. Ma in casa, qualche volta, la condivisione sconfina e tende a eccedere: tutto questo non è sempre segno di buon accudimento”.   Questo perché gli italiani ritengono che la salute dei propri animali da compagnia sia essenziale solamente per il benessere dell’animale stesso (31%) e non per motivi legati “al bene di tutta la famiglia”. Non sono in molti, infatti, quelli che hanno la buona abitudine di pulire le zampe al cane (44%) o al gatto (17%) dopo la passeggiata o una scorrazzata sui tetti e ancora meno si preoccupano di controllare il pelo (26% cane, 15% gatto). “L’atteggiamento più sbagliato e foriero di conseguenze sanitarie per tutto il nucleo familiare”, specifica Melosi “è quello di chi investe l’animale da compagnia di un ruolo strumentale al soddisfacimento di bisogni e aspettative ‘umane’. Anche un’eccessiva idealizzazione zoofila può perdere di vista l’animale stesso”. Secondo l’indagine, comunque, il trend non potrà che essere di miglioramento, considerato che ben il 61% del campione dichiara di fidarsi in primis del consiglio del proprio veterinario.   La faccenda cambia del tutto quando parliamo di animali da allevamento. In questo settore gli italiani ritengono nel 48% dei casi che “se l’animale sta bene, è più sano anche l’uomo che ne utilizza il prodotto”. Il 97% del campione intervistato dichiara inoltre che “quando si parla di animali da allevamento, la prevenzione è davvero importante”. Controlli regolari, alimentazione sana, ambiente curato: aspetti che per gli italiani sono imprescindibili. Così come imprescindibile è che i prodotti di origine animale siano “made in Italy”: il 69% non acquisterebbe mai carni non italiane e l’80% lavorate fuori dai nostri confini.   La grande paura rimane l’uso degli antibiotici, temuta dal 36% degli italiani: “Gli antibiotici hanno permesso, dal Dopoguerra in poi, di mantenere un buono stato di salute degli animali, contenere i costi di produzione e rendere accessibili le proteine di origine animale a tutte le classi sociali” sottolinea Roberto Villa, Professore Ordinario di Farmacologia e Tossicologia Veterinaria presso l’Università degli Studi di Milano “negli allevamenti non si può evitare di somministrare del tutto gli antibiotici. Si può però limitarne le prescrizioni a situazioni mirate e utilizzarli in maniera appropriata”. Specifica ancora: “tuttavia la prevenzione rimane il punto essenziale, in grado non solo di garantire il benessere all’animale, ma anche – e di conseguenza – delle persone e di tutto l’ecosistema.   L’industria in questo senso gioca un ruolo fondamentale. “La nostra missione è quella di mettere la scienza al servizio degli animali per garantire la loro salute”, dice Paolo Sani, Amministratore Delegato di MSD Animal Health. “Se pensiamo a MSD Animal Health, le parole chiave sono: ricerca, innovazione e prevenzione. L’attenzione allo sviluppo di prodotti innovativi ci ha permesso di creare un portfolio di oltre 250 prodotti, di cui il 72% è focalizzato sulla prevenzione, disponibili su oltre 150 mercati in 50 Paesi in tutto il mondo”.

“Il nostro nuovo posizionamento è la nostra ricerca, la salute di tutti - continua Paolo Sani. “Un animale non curato non solo non vive in una condizione di benessere ma ha un impatto negativo sul benessere del proprietario stesso e sull’ambiente circostante. Di contro, un animale ben accudito riduce notevolmente il rischio di diffusione di malattie, rende appagato il proprietario e diventa parte integrante di un ecosistema in salute”.

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