Giovedì 18 Aprile 2024

Processo agli attivisti che liberarono le cavie di Farmacologia

Milano. Il 30 ottobre la seconda udienza. In una nota la rivendicazione di quel gesto che aprì uno squarcio "nel muro di silenzio" che circonda la ricerca

Cavie da laboratorio in un'immagine di repertorio Ansa

Cavie da laboratorio in un'immagine di repertorio Ansa

Milano, 23 ottobre 2017 - Il 30 ottobre si terrà la seconda udienza per il processo a carico delle attiviste ed attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill (CFGH) che occuparono gli stabulari del Dipartimento di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano. 

Il 20 aprile 2013 vennero portate all’esterno di quelle mura le immagini della terribile normalità della vita di migliaia di individui rinchiusi in gabbia e ridotti a cose usa e getta. Quel giorno, si entrò in azione in modo non violento ma deciso. Alcuni attivisti entrarono negli stabulari e li occuparono a volto scoperto con una coraggiosa e pacifica azione di disobbedienza civile chiamata “Abbattiamo il muro di silenzio”. Dalla strada sotto l'edificio e per tutta la durata dell'azione arrivava il sostegno di centinaia di altri attivisti e cittadini: quel giorno si ottenne la libertà per 400 topi ed 1 coniglio. Così riporta una nota del gruppo.

Lo scopo di quell’azione, oltre alla liberazione di chi viene imprigionato in nome di una scienza crudele e della diffusione delle immagini di quelle squallide gabbie, è stato anche quello di ribadire la ribellione ad un sistema che fa della mercificazione e sfruttamento dell’esistente più debole il suo punto di forza, prosegue la nota.

"Nella vivisezione c’è tutta la prepotenza di una ricerca scientifica che è da sempre indisturbata, protetta da un muro di silenzio che ha permesso che all’interno dei laboratori, in nome della conoscenza e del benessere di pochi, si praticasse ogni genere di tortura su corpi prigionieri ed indifesi. Nella vivisezione si legge anche chiaramente la visione di una società che considera il più debole, il diverso da ingabbiare, allontanare, sfruttare, controllare. Specchio di un sistema che da sempre applica questa visione anche nei confronti dell’animale umano", riporta ancora il comunicato.

A distanza di quattro anni gli attivisti che si erano allucchettati per il collo ai maniglioni antipanico delle porte dello stabulario devono rispondere dei reati di invasione di edificio pubblico, violenza privata e danneggiamento (di fatto nulla fu danneggiato ma i ricercatori ritengono che col solo ingresso siano stati vanificati anni di ricerca). Il giorno 30 ottobre 2017 durante al seconda udienza avranno voce l'accusa e la voce della ricerca e della vivisezione. Gli attivisti imputati saranno presenti in aula e fin dal mattino davanti al Tribunale di Milano attivisti, liberazionisti, antivivisezionisti e cittadini saranno schierati a dare voce agli animali vittime dell'uomo e ai coraggiosi compagni del Coordinamento Fermare Green Hill, si legge nel comunicato.

La nota del Coordinamento ricorda: "La nostra azione del 20 aprile 2013 fruttò documenti inediti che uscirono dai laboratori di Farmacologia: immagini e informazioni che mai i ricercatori renderebbero pubbliche. Furono rese note le condizioni di vita degli animali torturati per la ricerca. Fu filmata e fotografata la prigionia di centinaia e centinaia di individui rinchiusi in scatole di plastica impilate su scaffali, dentro stanze senza luce naturale, senza aria, con il continuo rumore delle ventole di aerazione. Animali immobilizzati dalla paura, o in continuo frenetico movimento all’interno delle loro minuscole prigioni. Furono divulgati i testi dei protocolli attivi, i dati del registro di carico e scarico (con macabra ironia conservati in un fascicolo dal titolo Destinazione Heaven Destinazione Paradiso), con l'indicazione precisa degli animali uccisi, persi, scomparsi, morti e smaltiti come rifiuti. Nessun pentimento di quanto fatto per la causa della liberazione e della fine della vivisezione", conclude la nota.