Giovedì 18 Aprile 2024

Banda larga, Italia maglia nera Ue. Scatta la corsa all’oro digitale

Telecom, Fastweb, Metroweb e Vodafone fanno investimenti miliardari

banda larga, Italia maglia nera Ue

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Milano, 8 agosto 2015 - BANDA larga, il governo ha dato il calcio d’inizio con un primo assegno da 2,2 miliardi. Ora sta agli operatori mettersi in gioco, come ha detto il premier Matteo Renzi, per portare l’Italia all’avanguardia in tre anni.

Una bella sfida, per un Paese che ha accumulato un ritardo digitale disastroso, rispetto ai partner europei. I numeri parlano chiaro: Ookla, leader mondiale del broadband testing, ha confermato recentemente che in Italia la velocità di download è in media sotto i 15 Megabit per secondo (Mbps), insieme a Paesi balcanici, Grecia e Turchia, mentre il resto d’Europa naviga a tutt’altra velocità, dalla Bielorussia (tra 15 e 20) a Polonia e Ucraina (20-25) fino ai 45-50 Mbps di Olanda, Svizzera e Lituania e agli oltre 50 Mbps di Romania e Svezia. E quella sull’Italia è una valutazione generosa.

PER VERIFICARE, basta aprire il sito www.speedtest.net e avviare il test sul proprio computer: è prevedibile che non si arrivi nemmeno a 10 megabit per secondo. «In generale le connessioni italiane sono intorno ai 9, contro una media europea a 27, quindi tre volte più veloce, ma anche quattro volte più veloce in Germania, Francia e Inghilterra», spiega Maurizio Decina, professore del Politecnico di Milano. «La copertura, poi, è molto più limitata: in Italia solo il 55-56% della popolazione ha accesso all’Adsl, ovvero 13 milioni abbonamenti su 24 milioni di famiglie, mentre negli altri Paesi europei la media supera il 75%».

Le conseguenze sono di vasta portata: l’Italia è venticinquesima (su 27) tra i Paesi europei per alfabetizzazione digitale nel Digital Economy and Society Index. Sia per i privati che per le imprese, in Italia non è normale utilizzare servizi online, come l’e-banking, i certificati o gli acquisti online, mentre all’estero è ormai un luogo comune. In base a uno studio del Censis, questa mancanza di digitalizzazione ci fa perdere 3,6 miliardi di euro l’anno.

Quasi dieci milioni al giorno buttati via, che potrebbero essere investiti in innovazione. E il gap rischia di allargarsi. Il resto del mondo, infatti, procede a una velocità diversa e non si guarda alle spalle per recuperare quelli che restano indietro. «Le nuove applicazioni implicano connessioni veloci, come Netflix, la tv online che ha spopolato negli Stati Uniti con un sistema televisivo a 4K, che necessita una velocità di download di almeno 20 megabit al secondo, non disponibile in Italia al momento attuale», precisa Decina.

Il piano del governo vorrebbe recuperare il ritardo, portando tutta la popolazione a una velocità di download di 30 megabit al secondo e l’85% a 100 megabit entro il 2020.

Un salto colossale, che necessita di grandi investimenti: il governo parla di 12 miliardi, di cui 7 sono pubblici e 5 dovrebbero venire dai privati. Non a caso nel giorno dell’annuncio del piano, Renzi ha incontrato a Palazzo Chigi Vincent Bolloré, primo azionista di Telecom Italia, la società più sollecitata sul fronte degli investimenti. L’ad Marco Patuano, infatti, ha appena concluso un investimento da 750 milioni nel Centro-Sud per ammodernare la rete: «Siamo i primi e gli unici ad investire al Centro-Sud e ad impegnarci seriamente per colmare il divario digitale nel nostro Paese», ha fatto notare Patuano.

Ma non tutti sono d’accordo con lui. Il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, sottolinea che l’investimento da 500 milioni, annunciato da Telecom per portare la fibra ottica in 40 città, basta per «fare solo qualche quartiere». Bassanini è anche presidente di Metroweb che, nei progetti del governo, dovrebbe diventare il veicolo per gli investimenti pubblici e privati nella banda ultralarga destinata a coprire l’85% della popolazione. «Noi a Torino, per una copertura del 70% con la fibra agli edifici, facciamo un investimento un po’ superiore ai 100 milioni», rileva Bassanini.

TELECOM sarebbe entrata in Metroweb solo per prenderne il controllo, ma questa aspirazione si è scontrata con il veto dall’Antitrust, secondo cui i finanziamenti pubblici dovranno andare a un operatore di rete ‘puro’, partecipato da diverse società, di cui nessuna in posizione di controllo. La disputa si gioca anche su quali tecnologie usare: Telecom vuole mantenere il rame fin dove possibile, mentre Metroweb lavora solo con la fibra, tecnologia standard per la banda larga in tutto il mondo. Il piano di Metroweb è di coprire 400-500 città, mentre Telecom Italia coprirà 600 città entro il 2016 e altre 40 entro il 2017, Fastweb coprirà 100 città entro il 2016 e Vodafone conta di essere in 150 città.