Giovedì 18 Aprile 2024

Il cardinale Bagnasco striglia il governo: "Priorità all'emergenza lavoro"

Per il capo dei vescovi la ripresa resta lontana: sarà un Natale severo

Il cardinale Angelo Bagnasco (Fabrizio Corradetti - Ag. Aldo Liverani Sas)

Il cardinale Angelo Bagnasco (Fabrizio Corradetti - Ag. Aldo Liverani Sas)

Roma, 18 dicembre 2015 - PER GLI ITALIANI quello del 2015 «sarà un Natale severo. Onestamente, vedo anche io qua e là timidi segnali di ripresa, che poi vuol dire qualche assunzione – poche, per quel che mi risulta –, ma speriamo che i segnali di uscita dalla crisi di cui leggiamo diventino veramente una situazione generale che invece noi vescovi, ora, non vediamo». Il tono del presidente della Cei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, guardando all’anno appena trascorso, si fa serio. Due giorni fa, a Roma, ha celebrato la messa di Natale per politici e ministri.

Eminenza, che consiglio ‘natalizio’ i vescovi si sentono di dare al governo e ai politici?

«Di essere più concentrati sull’occupazione e il lavoro. È la priorità assoluta, tutto il resto la gente lo sente lontano perché non tocca la sua vita concreta. Senza lavoro non vi è futuro né progettualità di vita concreta».

Di sicuro non sarà un buon Natale per i risparmiatori che col decreto salva-banche hanno visto i loro soldi andare in fumo. Si doveva tutelarli di più?

«È una valutazione che va oltre le mie competenze, non posso dare un giudizio che apparirebbe come una sentenza che non tocca a me. Sicuramente il sistema Paese deve assolutamente impedire che succedano queste cose perché la gente che ci rimette e che in qualche modo si è impegnata con i propri risparmi certamente onesti non risulti poi depauperata, penalizzata. Questo deve essere assolutamente impedito in un Paese che cerca il bene comune».

C’è il sospetto che si sia fatto qualche favoritismo?

«Come si fa a dire qualche cosa a riguardo? Mi pare inopportuno, le mie parole sarebbero inutili e forse anche ingiuste, a chi tocca verificare faccia il suo dovere».

Il Pd è deciso a portare il testo sulle unioni civili, compreso il punto critico delle stepchild adoption, in aula a gennaio. La posizione della Cei rimane di contrarietà?

«Assolutamente sì anche se torno a ripetere che il primo problema non è questo ma il lavoro. Quindi il Parlamento e il governo dovrebbero impegnarsi sempre di più sull’occupazione, tutto il resto diventa in questo momento secondario».

Ma lo considerate un attacco alla famiglia?

«Sul punto in merito la posizione è quella: un bambino ha diritto al papà e alla mamma e la famiglia è il fondamento della società civile e di un’ umanità piena. È ineguagliabile. La famiglia non deve essere umiliata, trascurata e disprezzata in nessun modo. Il Papa stesso ha spiegato che è disprezzata sul piano culturale perché la si vuole omologare ad altre situazioni. Ed è trascurata sul piano delle politiche sociali, perché assolutamente in Italia la famiglia non è abbastanza sostenuta come in altri Paesi, anche vicini».

Il pericolo terrorismo alimenta la tentazione della chiusura verso migranti e rifugiati. Abbiamo visto come alimenta anche forze politiche populiste e xenofobe in Europa. Il Papa anche col Giubileo invita invece ad aprire. C’è il rischio che questo vento soffi anche sulla politica italiana?

«Chiudere le porte non è cristiano e non è neppure produttivo sotto il profilo umano e sociale. Bisogna prendere le debite precauzioni, essere vigili perché c’è il diritto a una sicurezza generale che deve essere mantenuto ma da qui a chiudere le porte, le frontiere e soprattutto i cuori, questo è tutto un altro discorso. Vorrei aggiungere che il populismo è a mio parere trasversale, stiamo ben attenti».

La Chiesa italiana è stata scossa da ultimo dal caso del vescovo di Trapani, Miccichè. Si sarebbe appropriato di 2 milioni di euro di fondi dell’8 per mille. È ora di un mea culpa?

«I casi brutti, tristi che vengono segnalati devono essere innanzitutto appurati e se risultano veri sono assolutamente da condannare e se del caso perseguire. Su questo non ci sono dubbi. Detto ciò bisogna dire un po’ più pubblicamente quello che la Chiesa fa con l’8 per mille«.

E cioè?

«C’è sempre un attacco continuo come se ci fosse un malaffare costituito su questa voce importante che è una provvidenza per la Chiesa in Italia, ma non si dice mai che la Chiesa riceve 1 e restituisce 11, in termini di opere e di iniziative di carattere sociale. Riceve più o meno fino ad adesso un miliardo e ne restituisce più di 11, come è stato documentato. L’anno scorso le mense delle nostre comunità hanno dato 6 milioni di pasti che sono una cifra esorbitante e sono un segnale serio da considerare da parte della società ma soprattutto della politica perché questa è la situazione. Invece, su tutto questo, silenzio».