Giovedì 18 Aprile 2024

L'alienazione e la violenza

Roma, 24 giugno 2016 - Grande appare il sollievo delle autorità tedesche nel comunicare al mondo che tra il massacro di Monaco e il terrorismo islamico non c’è relazione. Era solo un diciottenne depresso. Bene. Sollievo generale? Mica tanto. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, al 2020 la depressione sarà la malattia più diffusa sul pianeta e già oggi ne sono afflitti 350 milioni di persone. Tutti potenziali o prossimi stragisti? Ovvio che no. Tuttavia, il diffondersi così rapido del “male oscuro” e il suo sempre più frequente tradursi in aggressività incontrollata sono fenomeni con cui dobbiamo fare i conti. Fenomeni non estranei ai temi di cui dibattiamo con crescente apprensione da un po’ di tempo a questa parte: l’immigrazione, l’integrazione, il terrorismo. È vero: le cronache americane ci hanno abituati alle stragi commesse da giovanissimi nei college, e da venerdì siamo tutti in questo senso un po’ più americani. È vero: c’è il precedente di Andres Breivic, che cinque anni fa in Norvegia uccise 77 studenti e alle cui gesta pare essersi ispirato il diciottenne di Monaco.

È VERO: “Un giorno di ordinaria follia” risale al lontano 1993, e già allora non sembrò affatto bizzarro raccontare la storia di un adulto bianco apparentemente “normale” che reagisce ai rovesci della vita (la separazione dalla moglie, la perdita del lavoro...) a colpi di mazza da baseball e mitraglietta. Ma da allora a oggi la situazione è peggiorata. La parola chiave per capire quel che sta accadendo è “alienazione”. Ovvero, il sentirsi estranei al contesto in cui si vive. Senza identità, senza radici, senza un gruppo a cui riferirsi. Senza un passato, dunque, e senza un futuro. Stranieri. Alieni, appunto. L’alienazione è un concetto antico. Marx e Marcuse gli hanno dato una veste politica. Da Camus a Svevo, i migliori letterati del Novecento ne hanno tratteggiato i contorni. Ma oggi è peggio di allora.

ALIENAZIONE e narcisismo sono i due fenomeni psichiatrici che caratterizzano il nostro tempo. L’alienazione ha due madri: è figlia di una società dominata dalla tecnologia e dall’individualismo; è figlia della crisi degli Stati nazionali e dalla massiccia ondata migratoria che li ha investiti. Sono infatti alienati i cittadini degli Stati europei ormai privi di ogni riferimento comunitario, sono alienati gli extracomunitari di fede musulmana che non riescono a riconoscersi nel nostro modello di civiltà. Nella doppia veste di tedesco e di iraniano, Ali Sonboly, il massacratore di Monaco, ha subito pertanto un duplice processo di alienazione. E vi ha posto rimedio impugnando una calibro 9. Casi del genere sono sempre più frequenti. Il narcisismo, unito al fascino perverso per la forza e in fondo per la morte, spinge infatti un numero crescente di persone verso la violenza e il terrorismo. Non c’è soluzione, trattandosi di mali epocali. Si potrebbe però temperare il fenomeno. Ma per farlo occorrerebbe accettare il fatto che, come insegnava l’antropologo Claude Lévy-Strauss, gli uomini non sono tutti uguali, le diversità etniche esistono, ciascuna etnia o cultura ha bisogno di salvaguardare se stessa e oltre certe proporzioni la convivenza tra diversi è impossibile. Discorsi che oggi vengono troppo facilmente bollati con l’etichetta di razzismo.