Giovedì 18 Aprile 2024

Il cinismo di Erdogan

Roma, 30 giugno 2016 - «Poteva accadere dovunque». Così, a caldo, il presidente Erdogan subito dopo l’attacco all’aeroporto Ataturk di Istanbul, uno tra più sicuri dopo il Ben Gurion di Tel Aviv. Ma la realtà è che è accaduto a Istanbul, non altrove, e questo è il punto d’inizio di ogni ragionamento. Come tali, i fatti non si prestano ad essere esorcizzati con le parole. Perché allora questa “quasi” giustificazione di se stesso di fronte al proprio pubblico, ed il tentativo di coinvolgere quello altrui?

Le risposte sono molteplici, e queste, a loro volta, si prestano ad altre domande. In effetti, la politica di Erdogan, sotto la regia dell’ex delfino Davutoglu, da un lato era stata eccessivamente arrogante nei confronti dell’Occidente, della Russia e di Israele e, dall’altro, troppo accondiscendente nei confronti di coloro che questi considerano nemici. Sulla questione siriana aveva cercato di tenere il piede in due staffe, avvalendosi della «licenza di uccidere» della lotta al terrorismo per colpire i curdi del Pkk ed i loro associati siriani, consentendo in cambio le operazioni statunitensi contro l’Isis rendendo disponibile il proprio spazio aereo e la base di Incirlik. Il tutto, in un clima di doppiezza che, se apprezzato dall’Isis, portava il Paese a un progressivo isolamento dal quale era necessario uscire quanto prima.

DA QUI, l’esigenza di un’inversione di tendenza che dava come primo risultato l’accordo con l’Unione Europea per i profughi, la ripresa del dialogo con Israele, la distensione con la Russia ed il supporto protettivo della Nato. Erdogan ha quindi ricominciato a giocare abilmente su ogni tavolo tutte le sue carte, partendo da nuove posizioni di forza. Il riavvio della stagnante negoziazione con la Ue è uno degli obiettivi prioritari, e, come si è già visto con il prezzo richiesto (e ottenuto) per l’accordo migranti, ogni occasione è buona per forzare la mano. Persino utilizzando l’attentato all’aeroporto, che «poteva accadere ovunque». Politica con un ritorno di sicurezza ed economico certo (turismo, energia, industria) e di ampio rilievo. Così, nell’ottica Isis, il “traditore” Erdogan e l’ammiccante Turchia diventano nemico giurato di un Califfo ora in forte difficoltà. La copertura ideologica non manca: oggi tocca a Costantinopoli, domani a Roma.