Mercoledì 24 Aprile 2024

Animali in condizioni "inadeguate": chiude lo zoo di Buenos Aires

La struttura è stata più volte al centro di polemiche per la situazione complessiva degli ospiti. Un orso polare morì di caldo, mentre l'orango Sandra fu oggetto di una sentenza che fece il giro del mondo

Orango in cattività lontano dalla Natura (Foto AFP)

Orango in cattività lontano dalla Natura (Foto AFP)

Roma, 25 giugno 2016 - Alla fine anche i dirigenti dello zoo lo hanno ammesso: a Buenos Aires gli animali non vivono in condizioni "adeguate". Per questo motivo lo zoo cittadino chiudeerà i battenti dopo circa 140 anni di attività per essere trasformato in un parco ecologico. Il sindaco della capitale argentina Horacio Rodriguez Larreta ha dato la notizia specificando che la struttura trasferirà gradualmente i suoi 2500 animali in santuari e rifugi naturali del Paese e all'estero, perché lì "non vivono in condizioni adeguate". 

Inaugurato nel 1875 nel centro cittadino, lo zoo è spesso finito nel mirino degli ambientalisti per le condizioni di vita dei suoi animali, in particolare dei suoi orsi polari. Tre anni e mezzo fa, riporta il sito della Bbc, l'ultimo di questi esemplari morì praticamente di caldo durante una forte ondata di calore. Ma tra gli ospiti dello zoo argentino ce n'è anche uno diventato famoso un paio di anni fa: è l'orango Sandra, cui nel 2014 la Camera di Cassazione argentina concesse "l'habeas corpus" accogliendo un ricorso presentato da un'associazione ambientalista, l'Afada. I giudici accettarono la tesi per cui l'orango potesse essere definito una "persona non umana", ovvero un soggetto che anche se non appartiene alla specie umana è in grado di mantenere legami affettivi, percepire il tempo, imparare, comunicare. In base a questi principi i giudici stabilirono che la "prigionia" fosse una violazione dei suoi diritti. 

Nonostante questa vittoria legale Sandra è ancora allo zoo ed è fra gli esemplari che, a causa della propria fragilità, non saranno spostati. Sandra, quindi, resterà a morire nella struttura, nonostante il riconoscimento dei suoi diritti e la sentenza che fece scuola nel mondo. Per contatti con la nostra redazione: [email protected]