"Anche gli abitanti degli abissi sono intossicati dai veleni umani"

Una ricerca angloamericana dimostra la presenza, nel mare più profondo, di metalli pesanti che determinano malattie

Squalo e pesci in mare (Foto Olycom)

Squalo e pesci in mare (Foto Olycom)

Roma, 26 marzo 2015 -  Le conseguenze dell'inquinamento causato dall'uomo arrivano fino in fondo al mare, così profondo da fare paura. C'è una nuova  ricerca condotta dalla Oregon State University (OSU) e dal CEFAS inglese a dimostrarlo. Gli scienziati hanno dimostrato che pesci che vivono nell'oceano a profondità tra i 600 e i 1.600 metri hanno patologie del fegato, tumori e altri problemi di salute che potrebbero essere legati all'inquinamento dell'uomo.

La ricerca è stata condotta nel Golfo di Biscaglia (tra Francia e Spagna). «Nell'oceano profondo si potrebbe pensare che il livello di contaminazione e il suo impatto biologico siano più bassi», ha detto Michael Kent, docente all'OSU e co-autore dello studio, «ma così potrebbe non essere. I cambiamenti patologici che vediamo sono chiaramente associati all'esposizione a tossine e sostanze cancerogene». Nei fondali, infatti, si accumulano infatti metalli pesanti come mercurio, cadmio, piombo e pesticidi.

Nello studio, pubblicato su Marine Environmental Research, i ricercatori hanno riscontrato lesioni degenerative e infiammatorie in diverse specie. Gli scienziati sottolineano come la longevità di alcuni pesci (che possono vivere fino a 100 anni) porti questi animali ad accumulare tossine: in alcuni casi i livelli di inquinanti sono stati fino a 17 volte superiori rispetto a quelli dei pesci che vivono nella cosiddetta piattaforma continentale (la zona più vicina alle coste e con fondali meno profondi). Nello studio gli scienziati hanno scoperto anche il primo caso di una specie di pesce ermafrodita che vive a grandi profondità; già ricerche precedenti avevano legato la diffusione di pesci ermafroditi all'inquinamento chimico.  Per contatti con la nostra redazione: [email protected]