"L'Italia è un paese di snodo per il traffico illegale di fauna selvatica"

La Lav sollecita il governo a rivedere i reati e a finanziare il contrasto alla grande criminalità che ricava tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari su questi affari clandestini

Rinoceronti africani in una foto Reuters

Rinoceronti africani in una foto Reuters

Roma, 3 marzo 2015  - E' un affare da 8-10 miliardi di dollari il traffico internazionale clandestino di fauna selvatica, confermandosi una delle maggiori emergenze nazionali e internazionali. E l'Italia è un Paese cruciale per i trafficanti. Lo afferma la Lav. Riportando il dato sul business diffuso dall'Onu in occasione dell'edizione 2015 del "World Wildlife Day", che ricorre oggi. "La perdita di habitat e il commercio illegale, invece di diminuire risultano in grave crescita e minacciano la sopravvivenza di decine di specie: una realtà che ha precise responsabilità a livello politico, normativo e preventivo", e proprio per il fatto che l'Italia abbia un peso non indifferente in questo traffico clandestino "è indispensabile che proprio dal nostro Paese sia rilanciata, al più presto, una concreta politica finalizzata ad arginare questo business illegale, con misure straordinarie come l'introduzione del reato di traffico illecito di specie protette e nuove pene detentive".

Gli animali pagano un prezzo altissimo per questo business: negli ultimi 10 anni il numero di elefanti africani uccisi illegalmente è raddoppiato mentre la quantità di avorio sequestrato è triplicata (un kg di avorio è venduto a circa 600 euro al kg). Nel 2013 i bracconieri hanno ucciso 22.000 elefanti, dice ancora la Lav. Il numero delle tigri nel mondo è passato da 100.000 unità di un secolo fa ad appena 3500. Il bracconaggio è responsabile di almeno il 78% della decimazione delle tigri di Sumatra (le ossa delle tigri sono vendute a circa 900 euro al kg).

"L'Unione Europea è uno dei protagonisti più importanti del traffico illegale di specie di flora e fauna protette e derivati e l'Italia detiene un elevato record negativo per la cattura, per l'uccisione e la commercializzazione di specie di fauna e flora protette, in particolare per il transito di queste specie verso l'Asia e l'Africa - afferma la Lav - Auspichiamo che effettivamente questi crimini diventino una priorità di contrasto di Europol, con un coordinamento strategico delle polizie degli Stati Membri, come peraltro recentemente indicato dalla Commissione UE. Le sanzioni vigenti in Italia sono state introdotte nel lontano 1992 e si sono dimostrate fortemente inadeguate: non sono efficaci nel reprimere traffici basati su vere e proprie organizzazioni criminali che non possono essere fermate da semplici ammende. Dunque è indispensabile intervenire al più presto e con rigore per contrastare efficacemente tali illegalita'".

A questo scopo la Lav propone di introdurre nel nostro ordinamento giuridico due autonome ipotesi delittuose che riguardano: la "cattura, il prelievo, la detenzione, il traffico e la commercializzazione di specie di flora e fauna protette" e il "Commercio e traffico illecito di parti di specie, flora e prodotti derivati" che sanzionano il commercio e il traffico illecito di specie di fauna e flora nonché il commercio e traffico illecito di parti di esse e prodotti derivati. E' indispensabile prevedere significativi inasprimenti delle pene e uniformare queste agli strumenti vigenti in altri Paesi, anche europei, che prevedono pene detentive fino a 7 anni di reclusione. Indispensabili anche nuove risorse per il mantenimento delle specie sequestrate: il traffico illegale di animali ha determinato il sequestro e la confisca di decine di migliaia di animali e l'esigenza di strutture adeguate per il loro mantenimento. Ogni anno decine di strutture private spendono alcuni milioni di euro per la cura di animali che sono stati abbandonati, sequestrati o confiscati, provenienti dal commercio illegale e legale di specie protette, coprendo costi che la legge prevede in capo allo Stato. La carenza di risorse per i Centri di recupero di questi animali determina l'impossibilità di applicare il sistema Cites, lasciando molto spesso gli animali in mano ai trafficanti.

"I trafficanti e i commercianti ottengono un grande profitto dal commercio di animali ma scaricano tutti gli oneri di custodia e mantenimento della loro discutibile attività sui cittadini e su associazioni private di tutela degli animali, come la Lav. Il taglio dei fondi pubblici sta determinando l'impossibilità di garantire risorse minime necessarie al mantenimento di questi animali. Un fenomeno aggravato dalla esiguità dei diritti speciali di prelievo - conclude la Lav - che sono gli importi richiesti in Italia ai commercianti per le licenze e l'importazione di specie protette, la cui entità è ferma al 2000. E così si possono importare animali protetti, del valore di milioni di euro, semplicemente versando 15,49 euro. Chiediamo che tale sistema sia adeguato prevedendo importi sensibilmente superiori, al pari di altri Stati, e commisurati al valore economico degli animali importati e al loro volume. E' ingiusto scaricare sui cittadini i costi del profitto dei trafficanti e dei commercianti".  Per contatti con la nostra redazione: [email protected]