Mercoledì 24 Aprile 2024

Cacciatori usavano frequenze della Difesa per inseguire i cinghiali

Imperia. I tre avevano applicato radiocollari ai cani. Indagini della Polizia Postale della Liguria. La Lav: "Una vicenda che offre il metro del giro di denaro sulla caccia"

Cacciatori in una foto d'archivio

Cacciatori in una foto d'archivio

Roma, 21 dicembre 2015 - Tre cacciatori di Imperia sono stati denunciati per avere utilizzato frequenze riservate al ministero della Difesa attraverso radiocollari applicati ai cani. L'indagine svolta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni della Liguria ha permesso di sequestrare 9 collari e tre apparecchiature palmari di controllo. I denunciati sono accusati di installazione di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e dovranno pagare una sanzione di 7.500 euro.

I tre sono stati individuati al termine di un'indagine di monitoraggio sull'utilizzo abusivo di frequenze riservate effettuata dalla Postale in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e l'ispettorato territoriale per la Liguria di Genova. La Postale ha accertato la presenza di segnali pulsanti a cadenza fissa di notevole potenza sulla frequenza 155.600 Mhz, assegnata al Ministero della Difesa. «Un tale dispiegamento di tecnologia è indicativo del business che si cela dietro alle battute di caccia al cinghiale» ha commentato la Lav. 

Giorgio Bacilieri, dirigente del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per la Liguria, ha rilevato che "l'utilizzo di frequenze riservate al ministero della Difesa puo' causare seri problemi di interferenza nelle comunicazioni radio e dati militari che in questo delicato momento devono poter operare al massimo delle loro potenzialita'". Durante i controlli mirati, gli uomini della Postale di Imperia, con a capo l'ispettore Ivan Bracco, hanno sequestrato 9 collari per cani e tre apparecchiature palmari di controllo che utilizzavano le frequenze riservate.

Dai controlli e' emerso anche che alcuni dei cani da caccia erano privi dei previsti microchip. E' stata quindi avviata un'indagine parallela sull'illecito commercio e provenienza di cani, spesso costretti a crudeli maltrattamenti (come l'asportazione cruenta del microchip identificativo). "Un tale dispiegamento di tecnologia - commenta la Lav, Lega Anti Vivisezione - in grado di operare persino su frequenze riservate alle comunicazioni militari, e' indicativo del business che si cela dietro alle battute di caccia al cinghiale. Accade spesso, infatti, che le carni degli animali, prive delle certificazioni imposte dalle norme sanitarie ed in spregio alla normativa nazionale sulla tutela della fauna selvatica, siano vendute 'in nero' dai cacciatori ad operatori della ristorazione privi di scrupoli, con grave rischio per la salute dei cittadini e di quella stessa degli animali che hanno subito l'estrazione dei chip identificativi innestati sotto pelle". Sono ora in corso accurate verifiche con l'ausilio di personale del servizio veterinario della Asl 1 imperiese. Per contatti con la nostra redazione: [email protected]