Ispra conferma: "Sui cinghiali la politica a base di doppiette ha fallito"

Enpa commenta i risultati delle rilevazioni scientifiche dell'Istituto e punta il dito contro le Regioni che si sono sempre affidate ai cacciatori. "Vietare il ripopolamento è un buon inizio ma occorre anche altro"

Piccolo di cinghiale in una foto Olycom

Piccolo di cinghiale in una foto Olycom

Roma, 23 settembre 2015 – L'Ispra, il più autorevole istituto scientifico del nostro Paese, in occasione dell'audizione in Senato sulla presunta "emergenza cinghiali", ha dichiarato che in oltre 15 anni il numero degli esemplari è raddoppiato, e che la causa è comunque sempre riconducibile all'azione dell'uomo. Questo, secondo Enpa, conferma così il pieno fallimento delle politiche filovenatorie adottate dalle Regioni che, per compiacere i cacciatori, hanno sempre promosso abbattimenti e uccisioni.

«Concordiamo con l'Ispra sulla necessità di una rigorosa attività di monitoraggio del territorio, che preveda anche investimenti economici nel settore, ma non concordiamo con l'ipotesi di coinvolgere, ancora una volta, il mondo venatorio». Così Andrea Brutti, dell'ufficio fauna selvatica della Protezione Animali. «Non si comprende il motivo per il quale, nonostante siano tutti al corrente dei danni procurati dalla caccia, sia nella normale stagione venatoria sia con la pratica degli abbattimenti selettivi, si debbano nuovamente affidare compiti di gestione faunistica proprio a coloro i quali sono all'origine causato dei presunti squilibri».

Se da un lato bisogna sicuramente prendere atto che, secondo l'autorevole parere dell'Ispra  è necessario vietare i ripopolamenti venatori su tutto il territorio nazionale, dall'altro è necessario chiedersi se siano state prese in considerazione altre  misure, quali la fortissima limitazione (meglio ancora il divieto) degli allevamenti di cinghiali o l'organizzazione di controlli rigorosi sulla compravendita degli animali, sul mercato nero della carne, sulla ristorazione, sugli allevamenti di suidi allo stato brado.

«E' necessario agire su più fronti: il solo divieto di ripopolamento è un buon primo passo, ma non è certo sufficiente se non si contrastano i fenomeni legati alla vendita online di piccoli cinghiali o all'abusivismo. Inoltre - conclude Brutti - sarebbe opportuno coinvolgere anche le associazioni animaliste, portatrici di interessi pubblici ormai molto diffusi sul territorio. Basti pensare che la sola pagina Facebook dell'Enpa è seguita da oltre 710.000 persone, un numero di molto superiore a quello di tutti i cacciatori italiani». Per contatti con la nostra redazione: [email protected]