Aumentano i camosci sull'Appennino e adesso si festeggia

A 25 anni dal varo del piano di tutela Legambiente ripercorre tutte le tappe del processo di conservazione messo in atto anche con la collaborazione dei Parchi

Camoscio in una foto del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

Camoscio in una foto del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

Roma, 28 luglio 2016 - All`inizio del `900 nell`area che poi sarebbe diventata il futuro Parco Nazionale d`Abruzzo sopravvivevano poco più di 30 esemplari di camoscio appenninico, un numero troppo esiguo per garantire la sopravvivenza della specie. E se la situazione non fosse mutata, si sarebbe perso per sempre un animale di grandissima importanza per la biodiversità del Pianeta.

Il camoscio appenninico, infatti, è una sottospecie endemica per l'Italia, questo significa che questo animale si trova esclusivamente nel nostro Appennino e in nessuna altra parte del mondo. Per fortuna però, le cose sono andate diversamente e proprio domani si festeggiano i 25 anni di quella che sarebbe diventata la strategia vincente per salvare dall`estinzione questo bellissimo ungulato. Proprio il 29 luglio 1991 gli studiosi lanciarono l`obiettivo 2000-2000-2000, ripopolare l`Appennino centrale con almeno duemila camosci, oltre i 2000 metri d`altitudine, l`habitat ideale di questa sottospecie, entro gli anni 2000. Un obiettivo molto ambizioso, considerato anche lo stato molto critico in cui versava la popolazione di questo animale, ma pienamente raggiunto, visto che nel 2015 la popolazione nei parchi interessati dalla presenza del camoscio (Majella; Abruzzo, Lazio e Molise; Gran Sasso Monti della Laga; Monti Sibillini, Sirente Velino) si attesta oltre i 2700 esemplari, con un incremento del 45% rispetto all`ultimo anno.

Gli esperti ritengono che questo numero sia sottostimato e sicuramente in crescita rispetto a quanto si sta registrando con i nuovi censimenti attualmente in corso nei parchi. La data del Camoscio day, cade nell`ultima tappa della "Carovana del camoscio appenninico" la campagna itinerante di Legambiente per promuovere le buone pratiche di tutela della specie, che proprio a Farindola nel Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga, dedicherà un intero fine settimana al camoscio, con convegni, laboratori didattici per bambini, degustazioni di prodotti tipici ed escursioni in montagna per osservare i camosci nel loro habitat naturale.

L`iniziativa di Legambiente nasce a seguito del Life del Progetto Life Coornata, come occasione per i parchi nazionali dell`Appennino centrale partners del progetto di festeggiare i risultati positivi raggiunti, prima fra tutte la premiazione del 31 maggio scorso in occasione del Life Award 2016 durante la Green Week organizzata dalla Commissione Europea a Bruxelles. "Le varie campagne e progetti di tutela del camoscio appenninico - spiega Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente -sono state particolarmente importanti perché per la prima volta le attività di conservazione sono state sviluppate congiuntamente e condotte in forma coordinata da tutti i parchi dell'Appennino centrale interessati dalla presenza, anche potenziale, del camoscio appenninico. Proteggere questo importante animale, significa conservare in buona salute anche il suo habitat con conseguenti ricadute positive a cascate su altre specie presenti, animali o vegetali che siano".

Inoltre, prosegue Antonio Nicoletti, responsabile parchi e aree protette di Legambiente, "domani firmeremo La Carta di Farindola per la tutela del camoscio, per rinsaldare la collaborazione tra i Parchi e le Comunità locali che, grazie alla presenza delle aree faunistiche, hanno permesso il successo delle attività di conservazione del camoscio. È stata la loro adesione alle iniziative messe in atto in questi ultimi decenni, e la collaborazione concreta con gli Enti parco e le associazioni, se oggi possiamo, con orgoglio, celebrare il successo ottenuto per la conservazione di una specie che agli inizi del secolo scorso era destinata alla estinzione".

La strategia di conservazione del camoscio nei parchi dell`appennino centrale può anche essere considerata un caso esemplare di successo della ricerca made in Italy all`interno dei Parchi, perché sono state sperimentate alcune tecniche di cattura e rilascio, totalmente innovative e mai usate prima su questa specie: le box trap e le up-net. Si tratta di dispositivi per catture "collettive" degli esemplari, che hanno il vantaggio, rispetto alla teleanestesia di singoli individui, di trasferire un certo numero di animali simultaneamente, una condizione assai favorevole per il trasferimento in nuove aree di animali che vivono in gruppo. Il camoscio più bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi il camoscio appenninico può essere considerato a pieno titolo un ambasciatore dei Parchi Italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette. Insomma, se non ci fossero stati i Parchi dell`Appennino con tutta probabilità il camoscio non sarebbe sopravvissuto.

Il camoscio appenninico non va confuso con il più diffuso camoscio alpino che è proprio una specie diversa (Rupicapra rupicapra), ampiamente diffuso sull'arco alpino, che gode di un regime di protezione inferiore, maggiormente imparentato con i camosci nord-orientali, rispetto a quello appenninico che invece appartiene ai camosci sud-occidentali, che lo rendono più simile ai camosci presenti in Spagna.  Per contatti con la nostra redazione: [email protected]