Venerdì 19 Aprile 2024

Amazzonia. In un anno sparita un'area grande come l'Umbria

Incendio delle foreste da parte dei proprietari terrieri: così si prepara il terreno alle coltivazioni intensive delle multinazionali della soia

Un’immagine della foresta amazzonica

Un’immagine della foresta amazzonica

Roma, 26 febbraio 2017 - La deforestazione delle foreste pluviali dell'Amazzonia, dopo dieci di tregua, legati alle denunce del movimento 'Save the Rainforest', è ripresa a ritmi molto alti, trainata dalla domanda delle grandi multinazionali, in particolare quelle della soia. Lo denuncia il New York Times, citando le cifre dell'Istituto nazionale del Brasile per le ricerche spaziali, secondo il quale in un anno, dall'agosto 2015 al luglio 2016, per la prima volta da oltre un decennio, nel bacino amazzonico del Brasile la deforestazione ha raggiunto i 2 milioni di acri, quasi 8.100 chilometri quadri, un territorio pari all'Umbria, contro gli 1,5 milioni di acri di un anno prima e gli 1,2 milioni di acri dell'anno precedente.

La deforestazione avviene attraverso l'incendio delle foreste pluviali da parte dei proprietari terrieri, che preparano così la strada alla coltivazione intensiva del territorio, per poi rivendere i raccolti alle grandi multinazionali alimentari. Greenpaece da tempo denuncia il ruolo nella deforestazione delle tre grandi multinazionali della soia, Archer Daniels Midland, Bunge e Cargill, che utilizzano i raccolti della distruzione della foresta amazzonica per produrre mangimi animali, destinati soprattutto all'Europa.

Secondo il New York Times almeno 865.000 acri di foresta sono andati distrutti in media ogni anno dal 2011, un'area equivalente a oltre due volte l'estensione territoriale del comune di Roma. L'incremento della deforestazione, secondo i dati forniti Centro di documentazione e Informazioni boliviano, che osserva l'area coi satelliti, è salita da una media di 366.000 acri l'anno negli anni Novanta del secolo scorso ai 667.000 acri del primo decennio degli anni Duemila, concentrandosi soprattutto, al confine tra Brasile e Bolivia.  Per contatti con la nostra redazione: [email protected]