L'uomo, l'animale più feroce?

PERCHÉ GLI ANIMALI rispettano i cuccioli anche di altre razze mentre in Libia, in Siria, in Nigeria e ovunque infuria una guerra si massacrano anche i bambini? Così mi scrive Anna Tiberti di Ancona e mi risparmia la scontata conclusione: gli animali sono meno feroci dell’uomo. La mia risposta è in parte scontata ma offre anche spunti per nuove osservazioni. Cominciamo dall’ovvio. Negli uomini l’idea di potere è più articolata e può accompagnarsi al cinismo, alla vendetta e alla crudeltà, elementi estranei al puro istinto di sopravvivenza degli animali. Ovvio dunque che il “meglio” e il “peggio” siano direttamente proporzionali ai diversi livelli di intelligenza. La leonessa, quando ha sfamato i piccoli, non cerca trofei per abbellire la sua tana perché nel suo istinto non c’è l’ambizione. La formica è un’accaparratrice, ma accumula per sopravvivere nell’inverno, non per rivendere al mercato nero. Minore è la capacità cerebrale, minori i suoi aspetti negativi. Le bestie, dunque, non sono migliori o peggiori di noi. Sono semplicemente degli esseri astronomicamente diversi: tra di loro non c’è un tagliatore di gole ma non c’è neppure un San Francesco. 

FENOMENO NUOVO invece è la crudeltà fra i cuccioli di uomo. L’ultimo episodio è quello dei ragazzini che hanno violentato in gruppo una coetanea comprandone il silenzio con la minaccia di pubblicare i video degli stupri. Così giovani e così infami. Da ragazzo sono stato testimone (o protagonista) di scazzi nella balere per una femmina contesa. La sfida classica era: «Vieni fuori e levati gli occhiali». Seguiva scazzottata con la segreta speranza che intervenissero i pacificatori. Oggi, nel progressivo imbarbarimento delle generazioni, si corre a recuperare il gruppo, ci si apposta e si spranga. Quale istituto di rieducazione potrà mai estirpare la vigliaccheria da questi virgulti che agiscono sempre dieci contro uno (o una)?

ULTIMA RIFLESSIONE sul rapporto uomo-animali. Davanti a un supermarket staziona abitualmente una donna con il solito pezzo di cartone scritto in mezzo italiano, appoggiato a un cappello quasi sempre vuoto. Sento i commenti: quella è bosniaca come io sono cinese. L’altra mattina, nel posto dove la figura nera è ormai inserita nell’arredo urbano, ho notato un insolito assembramento di massaie che si richiamavano con strilli di tenerezza. Accanto alla donna c’era una cagnetta con tre cuccioli che succhiavano il latte. Dentro al cappello tintinnavano gli euro offerti dal repentino buon cuore. Con un colpo d’ingegno la bosniaca aveva intuito quali corde toccare per commuovere i passanti il cui sviscerato amore per bestie e bestiole spesso esaurisce la loro dotazione di sensibilità. (In fondo si tratta della versione aggiornata della zingara con in braccio il piccolo dai piedini nudi in dicembre). 

LA NOSTRA COMPASSIONE ha diversi registri: si corazza per necessità contro la miseria umana (mica possiamo prenderci carico di tutti), stravede per gli animali: però non in tempo di vacanze e comunque solo per quelli simpatici o belli: si pensi alla letizia con cui i bambini gettano pesci guizzanti nelle fauci allegre dei loro amici delfini. E alla freddezza con cui ammazzano il “brutto” porcospino. Il tema merita una riflessione, magari ricordando la passione per i canarini dei colonnelli SS.  La bosniaca intanto ha scoperto l’asso nella manica per l’elemosina.