Giovedì 18 Aprile 2024

Tutti assunti dopo gli studi. Il preside: "Ecco come si fa"

Novara, all’istituto Omar le imprese si litigano i ragazzi

Un esempio di alternanza scuola-lavoro (Dire)

Un esempio di alternanza scuola-lavoro (Dire)

Novara, 27 maggio 2016 - VEDERE due aziende che litigano per accaparrarsi dei «bocia» di 16 anni è incongruo nella palude della disoccupazione giovanile che in provincia ha toccato il 50%. Se poi gli implumi, preso il diploma e tempo sei mesi, arrivano ad avere un contratto a tempo indeterminato, bisogna farsi qualche domanda. Il più indicato a rispondere è Francesco Ticozzi, dirigente dell’istituto Omar di Novara, preside da 20 anni e da 7 in spericolato contromano dentro le aule che sfornano periti. In anticipo sull’idea dell’alternanza scuola-lavoro, il professore infiltra i suoi studenti nel cuore delle aziende, anche se sono poche e diffidenti.

Il suo segreto, subito.

«Lavorare sui ragazzi. Qui arrivano spesso senza famiglie di riferimento, portati a fare stupidaggini. Insegniamo quanto sono importanti le regole, la materia di cui è fatta la vita: al quarto ritardo anche se sei bravo ti licenziano, se le critiche ti irritano manda giù... Il colloquio? Tutti bravi sul curriculum, poi vanno in palla all’orale. Mettiamo su sceneggiate di job placement con metà della classe che fa il capo del personale e l’altra che lo seduce».

Assi nella manica. «L’informatica e per chi vuole l’inglese. Ma anche se siamo una scuola tecnica non trascuriamo l’infarinatura umanistica. Conoscere la Storia fa la differenza».

Come gestite l’alternanza? «Spalmiamo le 400 ore nel triennio. Tre settimane in terza, cinque o sei in quarta, una o due in quinta. La cosa difficile è collocarli tutti in contemporanea ma per chi resta ci sono attività interne. L’importante è bilanciare pratica e teoria. La tesina dell’ultimo anno deve essere frutto di un’esperienza, come quella di un ragazzo che ha disegnato un braccio meccanico ed è riuscito a stamparlo in 3D grazie alla complicità di un’azienda». 

Si dice in giro che quest’anno le iscrizioni siano cresciute del 30%. E che lei abbia tolto cervelli all’università, visto che il 98% dei suoi ragazzi trova un’occasione dopo la maturità e il 90% un lavoro a tempo indeterminato entro pochi mesi. «A 20 anni uno stipendio da 1400 euro al mese permette di sognare con comodo, li capisco. Ma anche gli altri non li abbandoniamo. Restano nel nostro data base in attesa di poter spiccare il volo. Abbiamo anche un piccolo centro di collocamento dentro la scuola, cui fanno riferimento anche altri istituti. Adesso coltiviamo l’idea di una start up nei nostri locali. E vogliamo aprire la scuola di pomeriggio per mini corsi dedicati a chi si è diplomato 20 anni fa e ha perso il treno».

Dove prendete i soldi? «Non facciamo l’elemosina. Ci sono aziende che anziché rottamare i vecchi macchinari li passano ai nostri laboratori. Roba che a comprarla non bastano 300 mila euro».

Lei ha figli? «Ne ho 700, a rotazione».