Giovedì 25 Aprile 2024

All'ultimo respiro

UN TENTATIVO in extremis, quasi disperato, più per salvare l’Europa dal rischio Grecia che Atene dal default. Si spiega solo così la frettolosa convocazione dell’Eurogruppo, dopo lo scambio di proposte “last minute” fra il presidente della Commissione Ue, Juncker e il premier greco, Tsipras. Una mossa a sorpresa, ispirata, probabilmente, anche dal pressing del presidente Usa, Obama. Ma che non ha trovato tutti d’accordo. A cominciare dalla Cancelliera, Angela Merkel che, infrangendo qualsiasi buona regola della diplomazia, ha fatto sapere di essere indisponibile ad un nuovo piano di salvataggio di Atene prima dell’esito del referendum di domenica. Nessuna nuova apertura di credito, insomma, per il premier Tsipras, colpevole, secondo la Germania, di aver fatto saltare il tavolo solo per un puro calcolo politico quando l’accordo era a portata di mano. Alla fine, come era prevedibile, l’Eurogruppo ha deciso di non decidere, rinviando il dossier a oggi e tenendo fermo, per ora, il no ad una proroga degli aiuti.

L’UNICO dato certo è che la partita, a quattro giorni dal voto, è tutt’altro che chiusa mentre la tragedia ellenica, fra accuse al vetriolo e bluff, fra ultimatum che slittano e scadenze che saltano, si sta trasformando in una ‘telenovela’ drammatica per i greci che, fra istituti di credito chiusi e bancomat sempre più avari (la soglia del prelievi dovrebbe scendere da 60 a 20 euro) rischiano di diventare gli epigoni della più improbabile e paradossale Repubblica di Weimar del terzo millennio. Ma gli scenari stanno diventando costosissimi per l’intera economia europea che lunedì, in una sola giornata, ha visto bruciare risparmi per circa 300 miliardi: un costo enorme, duecento volte il più la rata da 1,6 miliardi che Atene avrebbe dovuto restituire ieri nelle casse del Fondo Monetario Internazionale. Senza contare, poi, gli effetti che un’eventuale crisi della moneta unica e la nuova turbolenza finanziaria avrebbero sull’Europa e sulla fragile ripresa che si incomincia a intravedere nel Vecchio Continente. Una battuta d’arresto che rischierebbe di farci rimpiombare, ancora una volta nella recessione con effetti, a cascata, su tutte le principali economie mondiali.   LA TRATTATIVA, insomma, resta l’unica strada a disposizione per evitare il disastro economico e l’eventuale rischio contagio della sindrome di Atene ai partner più deboli dell’Eurozona. Da questo punto di vista l’Italia ha sicuramente qualche arma di difesa in più rispetto al recente passato, quando anche la nostra economia viaggiava sull’orlo del baratro. Sono stati fatti passi avanti sul versante delle riforme, i conti pubblici sono in linea con i parametri europei ma, soprattutto, Renzi può contare su un alleato eccellente, il presidente della Bce Mario Draghi, che ora può acquistare sul mercato anche titoli pubblici italiani. Ma non c’è dubbio che, al di là dell’esito del referendum di domenica, Bruxelles ed Atene saranno condannati a trattare. Fino all’ultimo, per evitare che il fallimento economico della Grecia si trasformi nel fallimento politico dell’intera costruzione europea.

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