Giovedì 18 Aprile 2024

Adozioni e tumore al seno, l'oncologa: "Avere un figlio è un sogno possibile"

In 20 anni le guarigioni sono aumentate. La malattia non spegne il desiderio di maternità

Una madre con due figli

Una madre con due figli

Roma, 30 giugno 2016 - Dottoressa Gori, cosa si prova di fronte a casi come quello della signora con tumore cui è negata la possibilità di adottare?

«È un problema umano che si pone da decenni – afferma Stefania Gori (nella foto a destra), presidente eletto Aiom (Associazione italiana oncologia medica) – e riguarda un po’ tutte le nostre pazienti in età fertile, in terapia, affette da cancro al seno. Siamo sempre molto vicini alla donna, i medici tutelano la salute e rispettano il desiderio di maternità».

Che cosa autorizza all’ottimismo? «Noi sappiamo, dai dati pubblicati nel rapporto cancro, che si è registrato negli ultimi venti anni un aumento della sopravvivenza media del 10%. Per quanto riguarda la mammella i successi a cinque anni dalla diagnosi superano l’88% per alcune fascie di età. Questo vuol dire che le terapie del carcinoma della mammella, dalla fine anni novanta a oggi, hanno mostrato una continua tendenza al miglioramento, quindi con prognosi sempre più favorevoli».

A cosa dobbiamo questo trend positivo sottolineato anche dal ministro Lorenzin? «Questo è frutto di più fattori, diagnosi tempestive grazie agli screening mammografici, prevenzione legata all’adozione di sani stili di vita e alla lotta al fumo, chirurgia e trattamenti farmacologici più efficaci, dalla chemio agli anticorpi monoclonali, fino all’immunoterapia».

Risultato frutto di anni di mobilitazioni. «Le donne sono più consapevoli e informate, per cui in presenza di un sospetto, un nodulo anche piccolo, si rivolgono a noi con fiducia».Stefania Gori, presidente eletto Aiom

Le tecniche del Dna permettono di sequenziare i geni di alcuni tipi di cancro. «Esistono da anni, nelle linee guida, sistemi con i quali possiamo identificare donne portatrici della mutazione, e calcolare il rischio relativo. In casi selezionati la paziente con mutazione del gene viene informata e si inizia un percorso per inquadrare il problema».

E cosa dite alle donne che per curarsi devono accantonare i progetti di maternità? «Abbiamo casi in cui, superata la fase di malattia, il desiderio di genitorialità si attenua. Ma in altre la voglia di avere figli persiste. Gli oncologi devono offrire delle possibilità di realizzazione, orientando a seconda dei casi, ad esempio avviando, prima di intraprendere la chemioterapia, un trattamento protettivo a carico dell’ovaio, oppure inviando le pazienti nei centri qualificati per il congelamento del tessuto ovarico».

Una raccomandazione? «Negli ultimi anni solo il 60% delle italiane ha eseguito regolarmente la mammografia. Bisogna fare ancora di più».

E un motivo di speranza? «Assistiamo a un progresso nella pratica clinica. Le cose vanno meglio grazie alle terapie farmacologiche di cui disponiamo, i trattamenti adiuvanti dopo l’intervento chirurgico, ormono e chemioterapia e l’introduzione dei farmaci più precisi, che attaccano direttamente il recettore nei tumori aggressivi, e che hanno determinato vantaggi più grossi».